Su La Fine del Mondo Vol. 6 | Sonia Mengoni di Rockshock

Su rockshock.it esce un’altra recensione sull’ep d’esordio de La Fine del Mondo.

qui l’originale.

Siamo nati lontano è il primo lavoro de La Fine Del Mondo, un Ep d’esordio arricchito di musica rock, d’autore, pop e tonalità avant-garde.

Le 4 tracce che compongono Siamo nati lontano sono: 1.Forse un giorno; 2.Illuminazione n°1; 3.Siamo nati lontano; 4.Tutti siamo morti. Sembra quasi impossibile capire l’impostazione musicale in sole 4 tracce e la band non inventa nulla di nuovo, ma sembra possedere una certa abilità nel mescolare temi e suggestioni allacciando dark wave allo slow al post rock al light noise, legando insieme atmosfere interessanti e per raccontare l’inquietudine dell’esistenza umana.

Ciò che colpisce della musica de La Fine Del Mondo non è solo il sound, ma l’aspetto poetico delle parole. È come se la poesia stessa sia stata trasformata in ritmo musicale che cattura e trascina. Una musica/poesia enigmatica che ha bisogno di essere ascoltata e riascoltata, letta e riletta per riuscire a cogliere le più piccole sfumature e nuances, andando in profondità e scoprendo piccole verità associate alla nostra esistenza. Una musica che rivela una piccola parte di sé ad ogni nuovo ascolto.

Quando potremo brindare di nuovo

Sarà quando le parole Cool, Movida, Liberaldemocrazia, Spread, Creatività, Rating (solo per dirne alcune, ma sarebbero molte di più) saranno bandite o avranno perso ogni valore, saranno state desacralizzate e depotenziate per impedirne ogni uso strumentale e depistante che potremo berci il nostro Bicchierino all’imbrunire, brindando con sincero e immotivato entusiasmo a un Futuro e a un Cambiamento, peraltro non così probabili.
Per adesso brindiamo, tenendo ben presente il baratro antistante.

La memoria dei rassegnati | due riflessioni del Vaneigem in questi giorni di supercazzole finanziarie

[…]
La proliferazione dell’inutile e la rarefazione dell’essenziale non potevano trovare forma di espressione più adeguata della burocrazia finanziaria internazionale il cui assolutismo stabilisce con la società vivente un rapporto da extraterrestre. Come definire altrimenti questa genia, i cui ordini emanano più dagli imperativi di mercato che dagli individui?
Più l’incomprensione separa gli speculatori impegolati nel calcolo dei rendimenti e coloro i quali aspirano a vivere aldilà delle matematiche del profitto, tanto più la distanza è colmata da una informazione che risponde solo a se stessa, alla quale non può essere detto o contestato nulla poiché essa provvede a stivare l’insignificante nella memoria dei rassegnati.

da “Noi che desideriamo senza fine” di Raoul Vaneigem

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Su La Fine del Mondo vol. 4 & 5 | rockit.it e Impatto Sonoro

Altre due recensioni su “Siamo Nati Lontano”, l’ep d’esordio de La Fine del Mondo. Progetto di cui posso ragionevolmente vantarmi di essere paroliere e voce recitante.

nr. 4 su Rockit.it

[qui l’originale]

nr.5 su Impatto Sonoro

[qui l’originale]

da rockit.it

Tutto, oggi, ha il sapore della velocità. Consumare in fretta la propria giornata è un imperativo che nel 2012 ha assunto connotati da messa al bando dei tempi morti. Imploriamo di essere intrattenuti oltre ogni logica, forse per paura di rimanerci secchi davvero senza avere tra le mani uno schermo da tormentare. Così andiamo in giro ingobbiti sul nostro show privato, limitandoci a regalare sguardi incarogniti per un tram che ritarda o per un auto che rallenta. C’è tutta l’aggressività, insomma, tipica di una nazione che deve fronteggiare un default generazionale prima ancora che di bilancio.

In uno scenario del genere, da fine del mondo in stato avanzato, i membri de La Fine Del Mondo si mettono in gioco sulla breve distanza, perché oggi la gente ti dedica mezzo ascolto di mezzo brano e poi si dimentica di te. Con le quattro tracce di “Siamo Nati Lontano”, il gruppo se la cava piuttosto bene: le atmosfere sanno di blues sporcato da sigarette e introversione, con qualche variazione noise addomesticata nelle intemperanze ma non nello spirito. C’è qualcosa dei Morphine in questa band, specie in “Illuminazione Nr. 1”, che rimbalza su bassi rotondi e sulla tromba drammatica suonata da Herself, che ha co-prodotto l’ep.

Poi, certo, non si può tacere l’impatto che Emidio Clementi e i Massimo Volume esercitano su La Fine Del Mondo. In questo, il complesso deve lavorare per scrollarsi di dosso un confronto dal quale può uscirne sconfitto. I testi sono intriganti e senza dubbio scritti con stile, ma spesso girano intorno a immagini che danno l’impressione di non lasciare appigli empatici a chi ascolta. Come se si limitassero a descrivere un malessere ben confezionato ma, forse, mal comunicato all’esterno.

da Impatto Sonoro


EP di esordio per questo progetto musicale sicuramente interessante che mischia atmosfere rockjazzpop ad un spoken word recitativo e poetico. Siamo Nati Lontani è un concept fatto di constatazioni, viaggi deliranti in un mondo moderno e sguardi timidi verso il futuro. Rimaniamo in attesa di disco completo dove poter apprezzare maggiormente le sperimentazioni del gruppo e la loro evoluzione stilistica.

La foto del Disco è sempre quella coi predecessori illustri.

da “Il canto di me stesso” di Walt Whitman

52
The spotted hawk swoops by and accuses me, he complains of my gab
and my loitering.

I too am not a bit tamed, I too am untranslatable,
I sound my barbaric yawp over the roofs of the world.

The last scud of day holds back for me,
It flings my likeness after the rest and true as any on the shadow’d wilds,
It coaxes me to the vapor and the dusk.

I depart as air, I shake my white locks at the runaway sun,
I effuse my flesh in eddies, and drift it in lacy jags.

I bequeath myself to the dirt to grow from the grass I love,
If you want me again look for me under your boot-soles.

You will hardly know who I am or what I mean,
But I shall be good health to you nevertheless,
And filter and fibre your blood.

Failing to fetch me at first keep encouraged,
Missing me one place search another,
I stop somewhere waiting for you.

52

Il falco maculato mi si precipita accanto e mi accusa, si lamenta delle mie chiacchiere e del mio ozio.
Neanche io sono domato, io pure sono intraducibile,
Emetto il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.
L’ultima folata del giorno si trattiene per me,
Lancia dietro le altre la mia effigie precisa quanto ogni altra per il deserto pieno di ombre,
E lusingando mi trascina verso il buio e il vapore.
Come l’aria svanisco, scuoto i miei bianchi capelli al sole che fugge,
Spargo la mia carne in vortici e la trascino in frange merlettate.
Lascio me stesso alla terra per nascere dall’erba che amo,
Se ancora mi vuoi cercami sotto le suole delle scarpe.
Difficilmente saprai chi io sia o che cosa significhi,
E tuttavia sarò per te salutare,
E filtrerò e darò forza al tuo sangue.
Se non mi trovi subito non scoraggiarti,
Se non mi trovi in un posto cerca in un altro,
Da qualche parte starò fermo ad aspettare te.

 

la traduzione è quella di Ariodante Marianni