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il fenomeno della cultura di massa, troppo spesso considerato dal punto di vista del suo impatto sugli standard estetici, solleva interrogativi che riguardano la tecnologia, e non il livello di gusto del pubblico. Le avanzate tecniche di comunicazione, che sembrano limitarsi a facilitare la divulgazione di informazioni su una scala più vasta di un tempo, a un esame più approfondito dimostrano di impedire la circolazione delle idee e di far sì che il controllo venga esercitato da un pugno di grandi organizzazioni. La tecnologia moderna ha sulla cultura gli stessi effetti che ha sulla produzione, dove serve ad affermare il controllo manageriale sulla forza lavoro. Lo studio della cultura di massa conduce quindi alla stessa conclusione emersa da uno studio della meccanizzazione del lavoro: cioè che la tecnologia incarna la progettazione intenzionale di un sistema di gestione e di comunicazione a senso unico, concentra il potere economico e politico e, sempre più, anche quello culturale, nelle mani di picole èlite di pianificatori, analisti del mercato ed esperti di ingegneria sociale, stimola l’input o il feedback soltanto in forma di cassette dei suggerimenti, indagini di mercato e sondaggi di opinione. La tecnologia diventa così un efficace stumento di controllo sociale – nel caso dei mass media, cortocircuitando il processo elettorale attraverso i sondaggi che contribuiscono a formare l’opinione pubblica invece di limitarsi a registrarla; riservando agli stessi media il diritto di scegliere i leader politici e i loro portavoce, e presentando la scelta di leader e di partiti come una scelta fra diversi beni di consumo.
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da “L’Io Minimo – la mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti”
di Christopher Lasch