La Fine del Mondo | Recensione su Stordisco

Massimo Sannella di Stordisco scrive su “Siamo Nati Lontano” de La Fine del Mondo

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Più che un disco una performance, una scienza trasparente ed evolutiva di come dire certe cose in un mare di suoni e atmosfere questo “Siamo nati lontano” del combo dei La Fine Del Mondo, quattro tracce che fanno yo-yo tra il metafisico e la provocazione scongelata di lontanissimi CCCP, una sorta di improbabile probabilità per raccontare – con grafiche sonore moderne – messaggistiche, approcci misterici, dei “porgersi” sperimentali che vanno subito ad agire in un ascolto sfizioso e intrigante. Sguardi, visioni, fumisterie e deliri sulle invariazioni dell’esistenza, parole e poetiche sghimbesce di serietà che inanellano genetiche post-esistenziali ed inquietanti dintorni, quasi un voyager rock attraverso lo spirito oscuro di chitarre elettriche e tutta l’armeria di una rock band che s’imbeve – anche magari bevendoci su – di implacabile e materico, che non vuole reggere chissà che confronto e con chi, solamente vibra la sua dimensione lenta e lavica nella continua accensione di un pathos per tutti. La poetica di Simone Molinaroli, la chitarra di Alessio Chiappelli, il basso di Simone Naviragni, la batteria di Matteo Parlanti e le sinuosità danzanti (nelle dimensioni live) di Valentina Innocenti, sono il contenuto autentico di tale musica, del romanticismo trasversale che riga “Forse un giorno/Fissammo l’orizzonte”, del flusso mariachi “contro” il disturbo vanesio ed inconcludente delle menti e dei corpi “Illuminazione Nr.1”, autore dello slow atmosferico che ri-disegna l’origine della specie non speciale per antonomasia “Siamo nati lontani” e dello scatto rock psichedelico, con veli sci-fi che “Tutti siamo morti” diffonde come un proclama Dada che ingloba bellezza remota; basta poco per dire no alle scemenze underground, basta passare attraverso il risveglio delle qualità migliori, e piccoli gioiellini come questo Ep bastano e avanzano per rimettere in azione l’anima al posto di un cervello vuoto. Della serie, le piccole eccellenze strampalate che potrebbero riaddrizzare grammature di mondo.

Siamo Nati Lontano (Ep) – La Fine del Mondo (2012, Salmone Rec./Ass Cult Press)

La Fine del Mondo | Recensione su www.sound36.com

Claudio Donatelli di www.sound36.com scrive su “Siamo Nati Lontano” de La Fine del Mondo

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Da Pistoia e dintorni arriva la band La Fine del Mondo, una sorta di collettivo molto creativo che veicola il loro grande desiderio di poesia attraverso le casse degli ampli. Gli elementi che compongono le canzoni sono il poeta e narratore Simone Molinaroli e il chitarrista Alessio Chiappelli (già nei SUS).
La band registra circa un anno fa del materiale musicale che lo scorso mese di marzo è stato pubblicato per la Salmone Records in formato Ep. Siamo Nati Lontano è il suo nome e contiene 4 tracce, poche per soddisfare l’appetito dei tanti ascoltatori in cerca di nuovo, ma sufficienti per capire la stoffa di questi 4 musicisti.
Ballate rock di forte potere comunicativo, dolci note alternate ad impennate soniche sempre magistralmente governate. Chitarre liquide, calme, sulle quali navigano le parole narrate, sanno anche essere violente come una tempesta. I testi giocano con l’ironia per rivelare una forte critica sociale, per spazzare le bruttezze, per dare fiato ad una nuova civiltà. Dopo La Fine Del Mondo si può rinascere coltivando pensieri poetici.
Per arricchire il linguaggio artistico nella band troviamo anche Valentina Innocenti nei panni di danzatrice.
La Fine Del Mondo sono una nuova ed eccitante band che ha molto da dire e sicuramente lo farà a partire da questa prima piccola pubblicazione.

Siamo Nati Lontano (Ep) – La Fine del Mondo (2012, Salmone Rec./Ass Cult Press)

L’espressione di Rosy Bindi e l’estinzione del PD

Io non guardo mai il televisore. Il mio non ha il decoder per il segnale digitale. E il decoder che mi hanno regalato è ancora imballato. La scatola ha ancora la reggetta di plastica. Stasera però ero a cena a casa di mia madre e mentre mangiavo, di spalle all’apparecchio, ho ascoltato lo scambio di battute tra Rosy Bindi, la Gruber, un certo Mieli e in collegamento esterno il nuovo sindaco di Parma. Il Pizzarotti. Alla fine del Risotto mi sono voltato. Mentre il sindaco parlava, cercando di mantenersi a un livello dialettico medio-basso, Rosy Bindi non riusciva a nascondere delle espressioni di ironico disprezzo. Erano espressioni che a Pistoia chiameremmo “a-presa-di-culo”. E per finire in bellezza, un maldestro tentativo di “Uomo di Paglia” evitato con garbo e fermezza dal tanto disprezzato avversario.
Quelle espressioni tradivano l’incapacità di misurarsi sul nuovo terreno delle aspettative e delle istanze inderogabili di un gruppo sociale sempre più ampio. Che il Presidente della Repubblica può anche fingere, con fare da vero mafioso, di non aver sentito. Che Bersani può liquidare rivendicando la vittoria di Budrio ed esponendosi al pubblico ludibrio con un gioco delle tre carte verbale in cui si afferma che non ci sono posti in cui si perde, ma solo posti in cui non si vince (significato?). Nell’insofferenza a ogni forma di dissenso, anche quello legittimo che non ti fa il piacere di portare le devastazioni nelle strade, si manifesta la sclerosi di un’intera classe dirigente ormai definitivamente scollegata da ogni realtà immaginabile. Autoreferenzialità, segnali di intemperanza e maleducazione inaccettabili, disconoscimento della parte avversa. Si manifestano i motivi per cui il Partito Democratico, al pari delle altre formazioni “tradizionali” è destinato a scomparire in tempi medi.
Essi non hanno più via d’uscita. In prospettiva gli rimane solo il Golpe. In combutta con gli altri scomparenti. Ed essi si, dovranno fare i conti con qualcosa di innominabile. E non il Pizzarotti, che all’accusa di essere stato eletto coi voti del Pdl risponde giustamente che i voti non appartengono a nessuno, se non ai cittadini.

Io non sono un politologo, ma solo un libero pensatore.
E non guardo mai la tv. Che sia io che a non capire i codici della comunicazione televisiva?