Il mio cuore si gonfia per te – da “Pianissimo” di Camillo Sbarbaro

Il mio cuore si gonfia per te, Terra
come la zolla a primavera.

Io torno.

I miei occhi sono nuovi. tutto quello
che vedo è come non veduto mai;
e le cose più vili e consuete,
tutto m’ intenerisce e mi da gioia.

In te mi lavo come dentro un’acqua
dove si scordi tutto di te stesso.
La mia miseria lascio dietro a me
come la biscia la sua vecchia pelle.
Io non sono più io, io sono un altro.
Io sono liberato di me stesso.

Terra, tu sei per me piena di grazia
Finchè vicino a te mi sentirò
così bambino, fin che la mia pena
in te si scioglierà come la nuvola
nel sole,
io non maledirò d’esser nato.

Io mi sono seduto qui per terra
con le due mani aperte sopra l’erba,
guardandomi amorosamente intorno.
E mentre così guardo, mi si bagna
di calde dolci lacrime la faccia.

 

di Camillo Sbarbaro da “Pianissimo

pianissimo

Poesia per Pistoia Capitale della Coltura e delle Piante

Piccolo componimento poetico all’impronta che ho scritto oggi pomeriggio al parco mentre vigilavo sul gioco del Giovane Leone. Ispirato dalle parole della poetessa pistoiese Francesca Matteoni che si lamentava del fatto che nella Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2017, casualmente anche il nostro paesello natìo, la poesia nemmeno oggi viene ricordata.

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Poesia per Pistoia Capitale della Coltura e delle Piante

A Pistoia d’aria ce n’è poca
Per canti, dissidi, inchini e piante.
A furia di cantare nonostante
Al poeta infine voce arroca.

 

 

Le cose vanno spesso male | Accettare il mistero

Le cose vanno spesso male. Ma più spesso vanno in modo incomprensibile. Racchiudono fenomeni che non sono ancora stati ricondotti all’arbitrio delle leggi. È in questi e in tutti gli altri casi potenziali non ancora passati in atto, ma potenzialmente attuabili, che può essere proficuo “accettare il mistero”.
Le cose finiscono semplicemente per andare male. Spesso. A volte. E non c’è poi molto da dire. C’è quello che segretamente gode e tiene il conto del male proprio e altrui, c’è quello che ti dà la pacca, quello che ti consiglia e quello che in silenzio ti versa un bicchierino e nasconde nel silenzio un sorriso che è al tempo insensato e vitale.

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L’Accolita di Stronzi | adulti e bullismo

 

Il numero più gettonato in sala mensa, dunque lo spettacolino gratuito a cui capita più spesso di assistere, è l’accolita di stronzi inqualificabili (non è un giudizio morale legato al loro comportamento, ma solo un riferimento al loro essere privi di qualsiasi qualità) riuniti allo scopo di infierire sul collega più debole che manifesta apertamente segni di instabilità e disagio.
La storia è sempre uguale.
Se prima la triade sociale di avviamento all’ubbidienza e alla sottomissione era composta da scuola-caserma-lavoro con la giunta prodromica ed eventuale della famiglia, adesso, terminata la leva obbligatoria, si potrebbe comporre compiutamente con l’ausilio dei mass media.
In un progetto apparentemente e superficialmente liberale e permissivo che mina nel profondo le capacità degli individui, forzandoli in una dimensione prestazionale e performativa che prevede lo spostamento dell’asticella sempre più in alto e rende gli standard di resa inaccettabili.
Si finisce dunque in sala mensa ad osservare quattro imbecilli che, voglio precisare, da nessun punto di vista potrebbero essere considerati migliori della loro vittima, torturare un povero sciagurato che non trova nessun altro modo di farsi riconoscere se non nel farsi torturare. Nessuno sembra farci caso, nessuno sembra infastidito, ogni tanto qualcuno che ha finito di pranzare passa vicino al tavolo e partecipa al linciaggio con una nuova battuta diretta alla vittima designata.
La scena non è nuova. Ma si finisce lì, tentati dall’intervento pur consapevoli delle conseguenze e dei rischi per aver cominciato a intervenire trent’anni prima. Della pericolosità insita nell’intervento contro degli adulti non recuperabili e completamente incapaci di autoemendarsi (l’ultima volta che ci ho provato mi è stato detto amabilmente di farmi i cazzi miei perché non siamo tutti uguali, la penultima volta alla fine c’è stata una rissa). Consapevoli che un sistema di relazioni si compone di due parti almeno e che la parte debole è funzionale alla buona riuscita del tutto. Nella certezza che la supposta, solo supposta, umana disposizione alla violenza e alla sopraffazione sia solo fondamentalmente necessaria all’ordine e che per la legittima difesa dell’alterità siano necessarie una violenza e un rigore ferrei che, pur non modificando nulla nel contesto socioculturale, fungano da deterrente e talvolta, visto l’esito cattivo della funzione primaria, colpiscano direttamente al bersaglio.
Come scriveva il sapiente Elemire Zolla, dovunque l’uomo sia costretto a fare massa, isolato fra altri del pari isolati,  il sadismo affiora.
Se fosse un film, una commedia socialdemocratica ad esempio, avrebbe un lieto, edificante e consolatorio finale. La sceneggiatura potrebbe prevedere l’apparizione di un’orchestra che, apparendo all’improvviso dalla sala cucine, andasse a circondare i quattro stronzi sottolineando, nel pieno dei rumori della cucina e del brusio dei lavoratori, il deprecabile comportamento rassicurando così lo spettatore, liberandolo al contempo dal senso di colpa, sulla possibilità di una forma di solidarietà senza rischi e impegno e di una vendetta riabilitante.
Se fosse un film. Una commedia socialdemocratica, ad esempio.

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30 agosto 2013