La rassicurante copia della bacheca

È rassicurante vedere che, a prescindere dalle conoscenze, dall’appartenenza politica e dalla collocazione sociale, si abusa sempre degli stessi vocaboli e delle stesse movenze. Però adesso non è più necessario fare complesse ricerche d’archivio per dimostrare la viscida e surrettizia ipocrisia che anima le dichiarazioni di certi campioni della politica, dell’impegno, della cultura. Adesso basta farsi una copia della bacheca altrui.

Che ne faremo del livore?

L’interrogativo che mi trascino dietro da anni e che temo avrà una risposta indesiderata è questo: tutto questo accumularsi di livore, di discorsi mal meditati, di violenza verbale e manifestazioni orgogliose di pervicace ignoranza un giorno non lontano avranno delle conseguenze non ben quantificabili.

Avranno il coraggio di assumersi le proprie responsabilità gli attori di questo inabissarsi collettivo? C’è la faranno a far fronte alle difficoltà che ne conseguiranno oppure si cacheranno in mano*?

*cacarsi in mano è un’espressione spesso usata in Toscana per definire la situazione di fallimentare disagio in cui si viene sovente a trovare chi, chiamato a dare prova di una capacità esposto all’altrui giudizio, finisce per sbagliare miseramente. Esempio classico è il calcio di rigore. Si dirà quindi che il calciatore che sbaglia l’importante tiro piazzato si è “cacato in mano”.

L’indignazione del portavoce

Non passa giorno che il portavoce di una categoria non si indigni per le dichiarazioni di qualcuno. Secondo me è necessario che quelli che fanno parte delle categorie accettino il fatto che a qualcuno possono anche restare sul cazzo. Mentre invece quelli che rilasciano le dichiarazioni dovrebbero palesarsi in modo più limpido. Non temere di scontentare qualche categoria e perdere consenso, anche quel poco delle categorie più piccole o quel tanto a sorpresa delle categorie non ben delineate. Senza far finta di voler bene a tutti. Ché non è vero che volete bene a tutti. Forza!

Il Dispositivo Stocastico (Defender)

Mi ricordo che alla fine degli anni 70 nei bar si giocava a un videogame chiamato Defender. Ci giocavo anch’io. Nella sua semplicità il gioco prevedeva un dispositivo stocastico (l’iperspazio) per le situazioni di estrema difficoltà (le porte coi sassi si direbbe a Pistoia). Si poteva premere un pulsante e riapparire in un punto qualunque dello schermo. Ecco. Le milizie dell’isis hanno premuto quel tasto e casualmente, dalla famosa collina siriana, si sono trovati a “sud di Roma”. Così nell’immaginario collettivo indotto dall’incessante narrazione di uno scenario di violenza diffusa e incontrollabile.

Allo stesso modo, nello stesso immaginario, i nuovi occupanti dei palazzi del potere sembrano esservi arrivati premendo quel pulsante, proiettativi a loro insaputa, senza programmazione, da gente sprovveduta senza piani sul breve/medio periodo.

E nel medesimo immaginario l’elettore ha la colpa d’essere livido, rancoroso, ignorante, testardamente incompetente.

Nel medesimo immaginario la rovina di tutto è da imputare al Suffragio Universale.

Nel medesimo immaginario è bastevole frequentare un festival culturale per autoconsiderarsi, per osmosi, élite culturale.

Il dispositivo stocastico è una cosa divertente da bambini.