Il tedio di slanci denutriti
è un cinema
per filmini di vecchie vacanze
e gite scolastiche di un giorno.
Senza la tenacia
dei cani da caccia
non si riaprono partite già chiuse
i giocatori tirano la palla in tribuna
e corrono sotto la doccia.
Sul vecchio atlante
non c’è ancora il mondo nuovo
su quello della prossima settimana
è già stato cancellato.
con altri sei poeti (Francesca Genti, Azzurra d’Agostino, Francesca Matteoni, Christian Sinicco, Simone Nebbia e Martino Baldi) a leggere poesie dentro il castello.
Simone Molinaroli | Cani al Guinzaglio nel Ventre della Balena (Poesie 1994-2000)
Simone Molinaroli Cani al Guinzaglio nel Ventre della Balena (Poesie 1994-2000)
€ 12,00 pp. 104 (Sia cosa che)
ISBN 978 88 95139 45 6
«Quelli di Molinaroli sono versi di denuncia contro la cieca ipocrisia del potere che si autoalimenta, fagocitando e distruggendo ogni eventuale ostacolo che si trovi sulla sua strada, nel momento stesso in cui vuol dare l’illusione di sostenere, indirizzare e costruire. La poesia di Molinaroli non teme di indagare il vuoto, lo smarrimento esistenziale, la soli-tudine disperata che è un estremo tentativo di sottrarsi all’affermazione diffusa dell’effi-mero, in cui il soggetto è spesso trascinato, o attirato da una sorta di oscura volontà di autodistruzione, che lo porta a immergersi ad occhi chiusi in un flusso da cui pare poi impossibile sottrarsi.» (dalla Introduzione di Chiara De Luca)
Il mio amante è una falena di plastica muta
– disse la ragazza
e prima di lui
era stato un nuotatore silurato
colato a picco
in uno stagno di gelida quiete
– aggiunse
sono sola
– concluse
io parlo, chiedo, imploro,
ma niente accade
fuori dalla macchinazione terribile
del mentire celeste.
Sono solo anch’io
– risposi
parlo con le bottiglie vuote
mi rispondono i bicchieri e i morti
con il loro silenzio lacerante
la loro nobile assenza.
Canto la patria smarrita
il suo tonfo indecoroso
la costruzione di milioni di trincee
a difesa di nulla
la vergogna di sopravvivere
solo per la medaglia da eroe
che porto saldata sulla carne.
Sono solo
– aggiunsi
e ho saldato tutti i debiti che non avevo
per non incontrare sedicenti creditori.
Anche la musica
– you’re nobody ‘till somebody loves you
sentenziò liberamente la nostra solitudine
e noi ci limitammo a non decidere
l’invenzione che di due solitudini
fa una festa feroce
e con intelligenza da rifugiati restammo
nell’insieme infinito del non avuto.
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