da “Il canto di me stesso” di Walt Whitman

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The spotted hawk swoops by and accuses me, he complains of my gab
and my loitering.

I too am not a bit tamed, I too am untranslatable,
I sound my barbaric yawp over the roofs of the world.

The last scud of day holds back for me,
It flings my likeness after the rest and true as any on the shadow’d wilds,
It coaxes me to the vapor and the dusk.

I depart as air, I shake my white locks at the runaway sun,
I effuse my flesh in eddies, and drift it in lacy jags.

I bequeath myself to the dirt to grow from the grass I love,
If you want me again look for me under your boot-soles.

You will hardly know who I am or what I mean,
But I shall be good health to you nevertheless,
And filter and fibre your blood.

Failing to fetch me at first keep encouraged,
Missing me one place search another,
I stop somewhere waiting for you.

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Il falco maculato mi si precipita accanto e mi accusa, si lamenta delle mie chiacchiere e del mio ozio.
Neanche io sono domato, io pure sono intraducibile,
Emetto il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.
L’ultima folata del giorno si trattiene per me,
Lancia dietro le altre la mia effigie precisa quanto ogni altra per il deserto pieno di ombre,
E lusingando mi trascina verso il buio e il vapore.
Come l’aria svanisco, scuoto i miei bianchi capelli al sole che fugge,
Spargo la mia carne in vortici e la trascino in frange merlettate.
Lascio me stesso alla terra per nascere dall’erba che amo,
Se ancora mi vuoi cercami sotto le suole delle scarpe.
Difficilmente saprai chi io sia o che cosa significhi,
E tuttavia sarò per te salutare,
E filtrerò e darò forza al tuo sangue.
Se non mi trovi subito non scoraggiarti,
Se non mi trovi in un posto cerca in un altro,
Da qualche parte starò fermo ad aspettare te.

 

la traduzione è quella di Ariodante Marianni

Su La Fine del Mondo Vol. 3 | Claudio Lancia di Onda Rock

Simone Molinaroli è un poeta, Alessio Chiappelli un chitarrista/compositore, Matteo Parlanti è un batterista, Simone Naviragni un bassista e Valentina Innocenti una danzatrice. Tutti insieme si fanno chiamare La Fine del Mondo ed hanno deciso di collaborare per contribuire all’incremento di percentuale di poesia nel mondo, raccontando la vertigine dell’esistenza degli ultimi uomini. “Siamo nati lontano” è il loro Ep d’esordio, uno spoken, un reading, un concerto rock, con tanto di chitarre fiammeggianti. Non c’è rimpianto in questi testi, solo constatazione, nessun chiostro di pietà, semmai un nuovo inizio all’alba della disfatta. Come giocolieri in equilibrio sull’abisso ci propongono una vertigine di rock, musica d’autore, pop umbratile ed avanguardie assortite. Quattro tracce con un’impostazione prossima al piglio degli Offlaga Disco Pax, ma con gli accenti spostati dall’elettronica al rock, roba che va di moda di questi tempi. Dal punto di vista musicale di carne al fuoco ce ne è in abbondanza: “Forse un giorno / Fissammo l’orizzonte” è dark wave, “Illuminazione Nr. 1” ha le chitarre dei pezzi slow dei Marlene Kuntz con inserti di fiato dal sapore ispanico, la title track ha languori post rock, con tanto di crescendo elettrico finale, “Tutti siamo morti” ha mostruosi spiragli light noise. Ogni volta che ascolto qualcosa del genere ripenso alla meravigliosa parabola degli inavvicinabili Massimo Volume, pertanto non vedo l’ora di avere fra le mani il primo album de La Fine del Mondo per vedere come andrà a finire questa storia. (Claudio Lancia 7/10)

La Fine del Mondo | Recensione su Stordisco

Massimo Sannella di Stordisco scrive su “Siamo Nati Lontano” de La Fine del Mondo

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Più che un disco una performance, una scienza trasparente ed evolutiva di come dire certe cose in un mare di suoni e atmosfere questo “Siamo nati lontano” del combo dei La Fine Del Mondo, quattro tracce che fanno yo-yo tra il metafisico e la provocazione scongelata di lontanissimi CCCP, una sorta di improbabile probabilità per raccontare – con grafiche sonore moderne – messaggistiche, approcci misterici, dei “porgersi” sperimentali che vanno subito ad agire in un ascolto sfizioso e intrigante. Sguardi, visioni, fumisterie e deliri sulle invariazioni dell’esistenza, parole e poetiche sghimbesce di serietà che inanellano genetiche post-esistenziali ed inquietanti dintorni, quasi un voyager rock attraverso lo spirito oscuro di chitarre elettriche e tutta l’armeria di una rock band che s’imbeve – anche magari bevendoci su – di implacabile e materico, che non vuole reggere chissà che confronto e con chi, solamente vibra la sua dimensione lenta e lavica nella continua accensione di un pathos per tutti. La poetica di Simone Molinaroli, la chitarra di Alessio Chiappelli, il basso di Simone Naviragni, la batteria di Matteo Parlanti e le sinuosità danzanti (nelle dimensioni live) di Valentina Innocenti, sono il contenuto autentico di tale musica, del romanticismo trasversale che riga “Forse un giorno/Fissammo l’orizzonte”, del flusso mariachi “contro” il disturbo vanesio ed inconcludente delle menti e dei corpi “Illuminazione Nr.1”, autore dello slow atmosferico che ri-disegna l’origine della specie non speciale per antonomasia “Siamo nati lontani” e dello scatto rock psichedelico, con veli sci-fi che “Tutti siamo morti” diffonde come un proclama Dada che ingloba bellezza remota; basta poco per dire no alle scemenze underground, basta passare attraverso il risveglio delle qualità migliori, e piccoli gioiellini come questo Ep bastano e avanzano per rimettere in azione l’anima al posto di un cervello vuoto. Della serie, le piccole eccellenze strampalate che potrebbero riaddrizzare grammature di mondo.

Siamo Nati Lontano (Ep) – La Fine del Mondo (2012, Salmone Rec./Ass Cult Press)

La Fine del Mondo | Recensione su www.sound36.com

Claudio Donatelli di www.sound36.com scrive su “Siamo Nati Lontano” de La Fine del Mondo

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Da Pistoia e dintorni arriva la band La Fine del Mondo, una sorta di collettivo molto creativo che veicola il loro grande desiderio di poesia attraverso le casse degli ampli. Gli elementi che compongono le canzoni sono il poeta e narratore Simone Molinaroli e il chitarrista Alessio Chiappelli (già nei SUS).
La band registra circa un anno fa del materiale musicale che lo scorso mese di marzo è stato pubblicato per la Salmone Records in formato Ep. Siamo Nati Lontano è il suo nome e contiene 4 tracce, poche per soddisfare l’appetito dei tanti ascoltatori in cerca di nuovo, ma sufficienti per capire la stoffa di questi 4 musicisti.
Ballate rock di forte potere comunicativo, dolci note alternate ad impennate soniche sempre magistralmente governate. Chitarre liquide, calme, sulle quali navigano le parole narrate, sanno anche essere violente come una tempesta. I testi giocano con l’ironia per rivelare una forte critica sociale, per spazzare le bruttezze, per dare fiato ad una nuova civiltà. Dopo La Fine Del Mondo si può rinascere coltivando pensieri poetici.
Per arricchire il linguaggio artistico nella band troviamo anche Valentina Innocenti nei panni di danzatrice.
La Fine Del Mondo sono una nuova ed eccitante band che ha molto da dire e sicuramente lo farà a partire da questa prima piccola pubblicazione.

Siamo Nati Lontano (Ep) – La Fine del Mondo (2012, Salmone Rec./Ass Cult Press)

L’espressione di Rosy Bindi e l’estinzione del PD

Io non guardo mai il televisore. Il mio non ha il decoder per il segnale digitale. E il decoder che mi hanno regalato è ancora imballato. La scatola ha ancora la reggetta di plastica. Stasera però ero a cena a casa di mia madre e mentre mangiavo, di spalle all’apparecchio, ho ascoltato lo scambio di battute tra Rosy Bindi, la Gruber, un certo Mieli e in collegamento esterno il nuovo sindaco di Parma. Il Pizzarotti. Alla fine del Risotto mi sono voltato. Mentre il sindaco parlava, cercando di mantenersi a un livello dialettico medio-basso, Rosy Bindi non riusciva a nascondere delle espressioni di ironico disprezzo. Erano espressioni che a Pistoia chiameremmo “a-presa-di-culo”. E per finire in bellezza, un maldestro tentativo di “Uomo di Paglia” evitato con garbo e fermezza dal tanto disprezzato avversario.
Quelle espressioni tradivano l’incapacità di misurarsi sul nuovo terreno delle aspettative e delle istanze inderogabili di un gruppo sociale sempre più ampio. Che il Presidente della Repubblica può anche fingere, con fare da vero mafioso, di non aver sentito. Che Bersani può liquidare rivendicando la vittoria di Budrio ed esponendosi al pubblico ludibrio con un gioco delle tre carte verbale in cui si afferma che non ci sono posti in cui si perde, ma solo posti in cui non si vince (significato?). Nell’insofferenza a ogni forma di dissenso, anche quello legittimo che non ti fa il piacere di portare le devastazioni nelle strade, si manifesta la sclerosi di un’intera classe dirigente ormai definitivamente scollegata da ogni realtà immaginabile. Autoreferenzialità, segnali di intemperanza e maleducazione inaccettabili, disconoscimento della parte avversa. Si manifestano i motivi per cui il Partito Democratico, al pari delle altre formazioni “tradizionali” è destinato a scomparire in tempi medi.
Essi non hanno più via d’uscita. In prospettiva gli rimane solo il Golpe. In combutta con gli altri scomparenti. Ed essi si, dovranno fare i conti con qualcosa di innominabile. E non il Pizzarotti, che all’accusa di essere stato eletto coi voti del Pdl risponde giustamente che i voti non appartengono a nessuno, se non ai cittadini.

Io non sono un politologo, ma solo un libero pensatore.
E non guardo mai la tv. Che sia io che a non capire i codici della comunicazione televisiva?