Il Blaghèri | una poesia sul Politico con la ramazza

Nella notte tra mercoledì 4 e giovedì 5 marzo, Pistoia è stata colpita da un fortunale violentissimo che ha causato danni ingenti e sgomento inedito nella popolazione disabituata a questo genere di eventi atmosferici.
Inutile ricordare che le polemiche tra politici sono cominciate subito. Sapete tutti che succede sempre così. Con tempismo sciacallesco i professionisti della dichiarazione, i richiamatori di popolo all’unità, quelli che la disgrazia ci rende più forti, hanno cominciato all’istante il loro intollerabile spettacolino.
Ho partecipato a uno scambio di battute sui social network, dove una giovane promessa della politica locale veniva presa per il culo a causa del vezzo di essersi fatto ritrarre con la scopa in mano nell’atto di ramazzare due detriti. Tutto questo mentre la città in ginocchio cercava di rendersi conto di qualcosa di assolutamente inedito.
Un peccato veniale. Una cosa normale in quest’epoca di pupazzi. Una cosa che, se è lecito pensare che il protagonista faccia consapevolmente per cercare consenso, è giusto stigmatizzare ironicamente. Ed è giusto che nel gioco della spettacolarizzazione provinciale dell’impegno anche il protagonista accetti di buon grado.
Per uno che ramazza, altri che ridono.
Ieri, durante il turno di lavoro, ho pensato di dedicargli una Minchiatella Poetica. Non necessariamente a una persona in particolare. Ma a tutti quelli che condividono questa caratteristica di voler trarre un guadagno personale dalle disgrazie altrui, che usano strumentalmente le catastrofi per mettersi in buona luce davanti all’elettorato.
È un sonetto. L’ho pensato mentre guidavo lo Stand-on Electric Pallet Truck. L’esito sarà quindi commisurato.
Il titolo viene da un modo di dire che spesso usava mio padre. Penso derivi dal francese Blagueur. Una derivazione che non ho mai  sentito usare da nessun altro se non da mio padre, che l’usava spesso per denominare persone use a parlar molto senza quagliare granché.
Chi si riconoscesse nelle mie parole, chiunque egli sia, sappia che stavo pensando proprio a lui. Ma non si offenda. Oppure si offenda pure, ma ci ripensi.

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IL BLAGHÈRI

Meglio avrebbe fatto e gran figura
Chi mai tenne motosega nelle mano
A non fare gran proclami e a parlar piano
Allor che lo paese soffre gran sciagura.

Ché bene non è far finta di aiutare
Richiamare all’armi molte genti
Che si pensano sciocche e prepotenti
E sempre molto dire e niente fare.

Poteva ad esempio andare con l’accetta
E serbar lo fiato e spendersi in sudore
Per rimuover lo Gran Pino collasato

Sulla soglia de lo grande caseggiato
Da gran tempo or sono quarant’ore
E liberar lo passo alla vecchietta.

 

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Abbasso la Juve (o Il Manuale del Gol)

Qualche mese fa ho ritrovato il “Manuale del Gol” di Vezio Melegari a casa di mia madre. Una pubblicazione su cui da bambino passai innumerevoli ore.  E dopo averlo sfogliato nuovamente, dopo più di trentacinque anni dall’ultima volta, mi vien di dire che non fosse per caso o per errore.
I ritrovamenti non sono tutti uguali.  E questo “Manuale del Gol” ha aperto un grande bagaglio di ricordi, tutti significativi.

In una ipotetica classifica di ciò che è stato significativo nell’infanzia lo collocherei sullo stesso piano del Grande Atlante Geografico De Agostini (l’edizione con le bandiere in copertina) e al film “L’Uomo che uccise Liberty Valance” di John Ford.
Hanno contribuito, tutti insieme, a generare una bella parte dell’immaginario infantile di chi scrive e introdotto il concetto di leggenda e di giustizia nella sua ancora acerba Weltanschauung.

Ho viaggiato molto per nazioni e stadi. Sono stato a partite epiche rigiocate mille volte e grazie alle illustrazioni di Carmelo Silva sembrava di esserci stati davvero. Anche se rimase per molti anni un mistero la reale dinamica del gol di Sandro Mazzola alla Svizzera durante un’amichevole nell’ottobre 1970. Le parabole tratteggiate da Silva, che esemplificavano la traiettoria del pallone,  non riuscivano a rendere giustizia alla prodezza tecnica di Sandro Mazzola poi osservata più avanti in video.

Quindi per il sottoscritto la fronte a scalino di Puricelli era realtà, Hector Puricelli che era un grandissimo colpitore di testa, ma non quando era in Uruguay, prima di essere acquistato dal Bologna. Ed è lì che casualmente scopre di essere un grandissimo colpitore di testa. E viene chiamato Testina d’Oro. Così come le bende legate in fronte agli stopper e ai centravanti, la geografia economica di stati adesso nemmeno più esistenti, l’URSS, la Cecoslovacchia, L’Alto Volta, la Rhodesia. E poi la geografia economica mutata degli stati rimasti. Quelle belle linee di confine tracciate col righello alla conferenza di Pieve a Nievole o di Sanremo, che adesso gli uomini incappucciati rimettono in discussione insieme alla sicumera di chi per quasi cento anni credette alla versione di chi le tracciò.

E inoltre, il libro è stato pubblicato nel 1974. A me deve essere stato regalato intorno a quegli anni. Nel 1976 ho imparato a scrivere e dunque ciò che vergai con incerta calligrafia maiuscola sul frontespizio del libro dev’essere una delle prime cose che ho scritto in vita mia.

“ABBASSO LA JUVE”.

Avevo già deciso da che parte stare. E non me ne vogliano gli amici juventini. Fu mano innocente di bimbo a vergare lo slogan.

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La delusione dello scrittore

Avete mai notato la delusione fuori controllo che talvolta appare sul volto dello scrittore, sia esso un sedicente scrittore, un desideroso di essere uno scrittore, uno scrittore affermato, un amatore, al momento delle presentazioni con un altro/a rappresentante dello stesso vastissimo gruppo umano (il gruppo è in effetti esteso ed è difficile non imbattersi nei propri simili)? Perché lo abbiate notato è  necessaria una precondizione. Che siate scrittori pure voi, che anche voi siate nella schiera di scrittori, sedicenti, desiderosi, quindi se non fate parte dell’insieme e volete testare quell’espressione che talvolta appare sul volto degli scrittori non avete che da chiedere. Mi presto volentieri per presentarvi come amici scrittori ad altri scrittori, sedicenti, desiderosi, affermati e semiaffermati. Se non siete scrittori fingetevi una volta tali oppure fidatevi di me.
La Delusione, io mi chiedo, sarà provocata dalla presunzione della velletarietà delle altrui intenzioni ed opere o dalla consapevolezza della propria? Questo mi chiedo. E di presunzione si tratta ché al momento delle presentazioni, di solito, nessuno sa niente dell’operato dell’altro, perché spesso nessuno sa veramente niente nemmeno dell’opera di chi conosce personalmente. Perché spesso si critica per sentito dire, per antipatia, per spirito di scuderia e più spesso ancora non si leggono le opere dei propri simili. Si apprezza per convenienza, per appartenenza, per aver ricevuto compenso, per ottenere apprezzamento in risposta, consenso che genera consenso e via così.
Non sarà forse il dubbio d’aver sbagliato mestiere, hobby, oggetto per investimento libidico? A quella delusione io associo ormai la volontà malcelata di restare soli a coltivare i resti di quelle che ormai vengono chiamate Humanities perché, come tutte le altre produzioni attuali dell’umano, siano riducibili a degli standard di accettabilità che hanno a che fare con la pubblicità, la propaganda di regime, il politicamente corretto, la parità di genere, la speranza balorda che tutti vengano dichiarati inabili tranne uno. Che apposite commissioni vengano approntate per vagliare ed, eventualmente, impedire la libertà di esprimersi ed esporsi al giudizio altrui. A quella delusione associo una forma d’edonismo del tutto simile a quella dei poverelli dei talent show. Ma rovesciata. Perché mentre il poverello ricerca palesemente e consapevolmente il colpo di culo, l’accelerazione fortunata che lo strappi a una vita di lavoro noioso, a un anonimato giusto, ma ormai inaccettabile per tutti, e lo premi per la sua mancanza di talenti esattamente simile alla mancanza altrui in un grande democratico statistico rituale collettivo, l’altro cerca la conferma alla propria ambizione spesso alimentata da forme temibili d’autorappresentazione delirante, ma altrettanto spesso non supportata da nessun reale talento. Se da una parte c’è della deprecabile, ma sincera spregiudicatezza che, per puro caso, può addirittura trasformarsi in libertà e disposizione all’askesis, dall’altra c’è un’ipocrita e miserabile disposizione al servilismo, alla schiavitù intellettuale, quella che per esempio fa vivere molti all’ombra del professore famoso nell’attesa del tornaconto. Tornaconto che spesso non arriva e fa dire agli ambiziosi delusi cose terribili su chi fino al giorno prima hanno difeso con entusiasmo nordcoreano.
L’ultima volta che è successo con me coinvolto in una presentazione tra scrittori (nessuno dei due famoso o famigerato, accreditato o autorizzato) è andata così:
Ah, scrivi anche te… con quel tono di voce atonale che ricorda le signorine dei navigatori e dei caselli automatizzati.
“Certo” risposi,  “qui scriviamo tutti.”

Si evidenzia in questi frangenti una disperante mancanza di autoironia, di autocritica e una palese mancanza di misura nel considerarsi in relazione all’influenza esercitata dal proprio scrivere/pensare. Si potrebbe elaborare una formula per calcolare l’influenza approssimativa di un intellettuale e che lo si potrebbe è evidente. Ed è altrettanto evidente che è uso diffuso in ambito letterario comportarsi come se si esercitasse un’influenza tangibile, quando invece è nulla in realtà.

Ma sul tempo lungo siamo tutti morti. Lo siamo già adesso. E non disperate. Della maggior parte, della quasi totalità di coloro che adesso scrivono, compresi gli autori di successo, compresi numerosi autori veramente dotati di talento, il tempo a venire non serberà memoria alcuna. E non certo per sfortuna, ma perché il tempo è un Signore.

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ILLUMINAZIONE Nr. 2 – inedito 2013

Ho scritto questa poesia dopo l’ultima tornata elettorale. Senza particolari rancori verso nessuno in particolare. Soltanto constatazioni. Senza pensare a ciò che poi è seguito. Anche se considerando quello che è venuto dopo l’impressione di saperne di più gli uni degli altri si è rafforzata.

 

ILLUMINAZIONE Nr. 2
(adesso sappiamo molto di più gli uni degli altri)

 

Adesso sappiamo molto di più gli uni degli altri
e adesso sappiamo molto di più gli altri degli uni.
C’erano quelli che la sapevano lunga
e c’erano quelli che la sapevano tutta
e c’era il peggiore di tutti,
quello che sapeva di non sapere.
Peggio ancora, quelli che sapevano che non sapevi.
Custodivano memorie non falsificabili
della vita di ognuno,
le usavano a cena o all’ora dell’aperitivo
per ridere, classificare, compartimentare.

Erano Tristi Vopos
e trasportavano la verità
nella busta per la spesa.
Erano minuscole scaglie dialettiche
per un ancièn regime liberale
che terminasse la bellezza ed il reale.
Erano minuscoli loro,
l’ordine a immagine loro
e le possibilità che riuscivano ad immaginare
Solo brillava , ciò di cui non avevano bisogno.

La pace sociale ci persuase d’essere amici.
Ma una pace costruita con le stragi
non poté che finire per decreto.

La pace sociale ci persuase d’essere amici.
Ma una pace costruita con le stragi
non poté che finire per decreto.

Alle ore 20 di una sera qualsiasi
il Portavoce di un Governo nebuloso ed informale
illustrò a reti unificate
un piano semplice e funzionale:
Noi abbiamo creato il problema
solo Noi possiamo essere la soluzione.
Non avete scelta.

La tecnologia risolverà i problemi della tecnologia.
La politica quelli della politica.
La finanza quelli venuti con la finanza.

Scherzo crudele e inculata vischiosa
costarono molto e restò un fastidio,
ad alcuni un prurito, ad altri un dolore.
Per tutti un modulo di gradimento
su cui indicare il livello di soddisfazione.

a) Ok!
b) Sì, ancora! Mi è piaciuto molto
c) Non saprei

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Simone Molinaroli
Tutti i diritti riservati © 2014

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grafica di Margherita Perugi per il progetto "La Fine del Mondo"
grafica di Margherita Perugi per il progetto “La Fine del Mondo”

 

Illuminazione Nr.1 | da “Scritti per la Fine del Mondo”

Una poesia scritta per il progetto “La Fine del Mondo” e che è poi stata inserita nella plaquette “Scritti per la Fine del Mondo”.

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ILLUMINAZIONE nr.1

Se sei bravo
se sei bravo e impedisci ai tuoi neuroni
la trasmissione delle sordide cazzate
che dichiararono guerra alla quiete
che adesso potrebbe illuminarti.

Se sei bravo
se sei bravo e cancelli dal tuo corpo le ossessioni
in fondo alla bottiglia di vodka
potrai vedere il silenzio che ti ha preceduto
e indovinare il vuoto che ti seguirà.

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da “Scritti per la Fine del Mondo”
di Simone Molinaroli (Ass Cult Press, 2013)

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Simone Molinaroli – LFDM
Tutti i diritti riservati © 2012
da “Siamo Nati Lontano” – Ep,
released 21 March 2012

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ascolta il brano:

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grafica di Margherita Perugi per il progetto "La Fine del Mondo"
grafica di Margherita Perugi per il progetto “La Fine del Mondo”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Scritti Per La Fine Del Mondo – Simone Molinaroli by Simone Molinaroli