Il numero più gettonato in sala mensa, dunque lo spettacolino gratuito a cui capita più spesso di assistere, è l’accolita di stronzi inqualificabili (non è un giudizio morale legato al loro comportamento, ma solo un riferimento al loro essere privi di qualsiasi qualità) riuniti allo scopo di infierire sul collega più debole che manifesta apertamente segni di instabilità e disagio.
La storia è sempre uguale.
Se prima la triade sociale di avviamento all’ubbidienza e alla sottomissione era composta da scuola-caserma-lavoro con la giunta prodromica ed eventuale della famiglia, adesso, terminata la leva obbligatoria, si potrebbe comporre compiutamente con l’ausilio dei mass media.
In un progetto apparentemente e superficialmente liberale e permissivo che mina nel profondo le capacità degli individui, forzandoli in una dimensione prestazionale e performativa che prevede lo spostamento dell’asticella sempre più in alto e rende gli standard di resa inaccettabili.
Si finisce dunque in sala mensa ad osservare quattro imbecilli che, voglio precisare, da nessun punto di vista potrebbero essere considerati migliori della loro vittima, torturare un povero sciagurato che non trova nessun altro modo di farsi riconoscere se non nel farsi torturare. Nessuno sembra farci caso, nessuno sembra infastidito, ogni tanto qualcuno che ha finito di pranzare passa vicino al tavolo e partecipa al linciaggio con una nuova battuta diretta alla vittima designata.
La scena non è nuova. Ma si finisce lì, tentati dall’intervento pur consapevoli delle conseguenze e dei rischi per aver cominciato a intervenire trent’anni prima. Della pericolosità insita nell’intervento contro degli adulti non recuperabili e completamente incapaci di autoemendarsi (l’ultima volta che ci ho provato mi è stato detto amabilmente di farmi i cazzi miei perché non siamo tutti uguali, la penultima volta alla fine c’è stata una rissa). Consapevoli che un sistema di relazioni si compone di due parti almeno e che la parte debole è funzionale alla buona riuscita del tutto. Nella certezza che la supposta, solo supposta, umana disposizione alla violenza e alla sopraffazione sia solo fondamentalmente necessaria all’ordine e che per la legittima difesa dell’alterità siano necessarie una violenza e un rigore ferrei che, pur non modificando nulla nel contesto socioculturale, fungano da deterrente e talvolta, visto l’esito cattivo della funzione primaria, colpiscano direttamente al bersaglio.
Come scriveva il sapiente Elemire Zolla, dovunque l’uomo sia costretto a fare massa, isolato fra altri del pari isolati, il sadismo affiora.
Se fosse un film, una commedia socialdemocratica ad esempio, avrebbe un lieto, edificante e consolatorio finale. La sceneggiatura potrebbe prevedere l’apparizione di un’orchestra che, apparendo all’improvviso dalla sala cucine, andasse a circondare i quattro stronzi sottolineando, nel pieno dei rumori della cucina e del brusio dei lavoratori, il deprecabile comportamento rassicurando così lo spettatore, liberandolo al contempo dal senso di colpa, sulla possibilità di una forma di solidarietà senza rischi e impegno e di una vendetta riabilitante.
Se fosse un film. Una commedia socialdemocratica, ad esempio.
30 agosto 2013