I miei primi due mesi da viaggiatore intermodale

segue da “i miei primi due mesi…”

Dal giorno 7 ottobre 2013, sono quindi ormai più di due mesi, chi scrive è passato all’intermodalità. Nonostante la bicicletta sia il mio mezzo preferito fin dall’infanzia, ho capito con nuova intensità quali attitudini siano necessarie al ciclista che voglia muoversi nel traffico urbano. Al ciclista sono necessarie le seguenti cose: risolutezza, coraggio, capacità di anticipare le mosse altrui. Spesso potrebbe rivelarsi utile un’arma per terminare i guidatori di suv, i disattenti e gli instancabili del telefono. Che talvolta sono la stessa persona.

Se vi chiedete perché ve lo racconto la risposta è semplice. Perché la decisione di cambiare radicalmente modo di spostarsi nel mondo è entrata direttamente nel novero delle Decisioni Venute Bene. Questo a prescindere dal fatto che la mia decisione possa interessare qualcuno o spingere qualcun altro verso una decisione presa bene. Come queste che seguono:

  1. Smettere di fumare
  2. Non avere un apparecchio televisivo o tenerlo spento
  3. Non possedere più un’automobile (da perfezionare)
  4. Bere solo vino di qualità
  5. Studiare
  6. Evitare di iscriversi al PD o a Sel
  7. Mantenersi entusiasti
  8. Autoironia

Passare all’intermodalità significa smettere di utilizzare l’automobile e cercare di andare a lavorare con un mix di mezzi di locomozione che prevede l’uso della bicicletta. Facile per chi deve solo attraversare una cittadina come Pistoia (mappa), più difficile per chi, come me e molti altri sfortunati, deve raggiungere il Nulla (mappa). Per raggiungere il nulla si impone la scelta di Bicicletta + Treno. All’inizio ho usato una vecchia Mountain Bike per testare le gambe, la resistenza alla pioggia, al gelo mattutino e serale e poi, vista la tenuta dello spirito e della gamba, ho acquistato una fantastica folding bike nera. Una Dahon Vitesse con cui al momento ogni giorno vado e torno dal lavoro (con l’ausilio del treno altrimenti non sarebbe trasporto intermodale, ma un lungo allenamento da ciclista semiprofessionista). Si risparmiano risorse private ed energetiche, si può valutare la possibilità di impiegare il tempo altrimenti passato a guidare e a incolonnarsi nervosamente nel traffico delle ore di punta, a leggere, scrivere, dormire, pensare, etc… , si può legittimamente auspicare un futuro prossimo con molti ciclisti e meno autisti con tempi di reazione vicino allo zero alla guida di carrozzoni al limite della manovrabilità. Più sostenibilità e meno zie col suv in zona pedonale. Meno disoccupati e più ciclofficine,  meno smog e gambe più allenate.

La mia nuova folding bike Dahon sulla linea gialla della pensilina di Sesto.
La mia nuova folding bike Dahon sulla linea gialla della pensilina di Sesto.

13 anni di lavoro pendolare. E in tredici anni di autostrada ci si fanno molte domande. Negli ultimi sette anni, circa 70 km al giorno, due automobili all’esaurimento e frequenti domande sull’opportunità di continuare nell’uso pernicioso dell’automobile. Domande sul costo reale del possesso di un autoveicolo e su quanto sia utile in relazione al suo costo. Se qualcuno ha una formula per calcolare il costo esatto me la faccia avere. Io nel frattempo ho fatto un conto basato sull’osservazione ed è lampante che comprare un auto è antieconomico. Non è come comprare un orologio di qualità, un quadro d’autore o una cassetta di vini pregiati. L’auto perde inesorabilmente valore, fino a non valere nulla, anzi meno di nulla (costo della rottamazione). Comprare un’auto è una cazzata. E se uno guadagna poco è una cazzata ancora più grande.

 

Dahon Vitesse Folding Bike
La nuova Dahon Vitesse alla luce del Sole.

Meglio star senza. A chi vorrebbe domandare “ma come si fa?” mi verrebbe di rispondere “pensaci un po’. fai due conti e respira…”.  Non sempre ciò che sembra necessario risulta esserlo dopo un attento esame. L’importante è prendersi quei 10 minuti di tempo per pensarci.

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Non è un inedito. Quasi. | Storia dell’Avvistamento (Lfdm a Pesaro, 15 luglio 2012)

 

Non è proprio un inedito questa “Storia dell’Avvistamento”. È quasi un inedito. Il testo uscì in versione incompleta sull’antologia  “Pro-Testo” edita dall’Editore Fara e poi completo sulla plaquette “Scritti per la Fine del Mondo” (qui e qui).  Con La Fine del Mondo l’abbiamo suonata dal vivo praticamente tutte le volte che ci siamo esibiti.

Ci sono elementi autobiografici, parti di storia patria e frammenti di mito autoprodotto. Per raccontare del difficile rapporto con la pleonastica realtà rappresentata che ci circonda. Con il suo raccontarsi fino all’esaurimento.

Questa è l’esecuzione del 15 luglio 2012 allo Zoe’ Microfestival di Pesaro.

Il video è un montaggio di materiale foto/video proprio. Non professionale.

 

STORIA DELL’AVVISTAMENTO (o della Verità)

1.
Fu avvistato un oggetto volante
che i più volenterosi identificarono
come un segno incerto, ma evidente,
dell’attenzione di qualcuno
(dio? gli alieni? altri uomini più organizzati?)
per i nostri malanni.
Altri più realisti, troppo realisti
non videro niente nel cielo quella sera
e rilasciarono dichiarazioni ufficiali
sull’abbrutimento dei costumi
e il deteriorarsi delle umane virtù,
ordinando Cocktail Martini
e vino rosso in quantità appropriata
per abolire il sospetto
che qualcosa volasse nel cielo quella sera
prima che un cacciabombardiere lo abbattesse.
2.
Una Collisione Sinfonica
nel cielo deserto.
Poi ad uno ad uno i testimoni
cominciarono a ritrattare.
Seguì il silenzio dell’estinzione
e a intervalli regolari
colpi di pistola.
( …nel frattempo la ragazza si rese conto
che l’uomo che aveva ascoltato per anni
in realtà non aveva mai parlato…)

3.
(la Ragazza pianse e l’Uomo tacque)
Seguirono anni difficili
in cui a ognuno
fu riconosciuto il diritto
di sottilizzare con tecnicismi incomprensibili
e diventare un Quadrumane Inoffensivo.
4.
La Commissione d’Indagine lavorò per anni,
quegli stessi che l’Uomo visse in silenzio.
Alla fine si potevano contare a milioni
quelli che serbavano memoria
del proprio ricordo
ma nessuno che potesse dire d’aver visto.
Di un solo Testimone Leggendario
di nascosto si narrava
dentro i bar e ai bambini nelle sere
perché non scordassero, non del tutto,
la Storia dell’Avvistamento.
(quando infine l’Uomo parlò di nuovo
la Ragazza sorrise non certa di aver compreso,
ma sicura nell’Evento
come il Tuono…)

Simone Molinaroli – LFDM
Tutti i diritti riservati © 2013

 

 

 

 

Cose imparate da un’Alluvione | 21 ottobre 2013 Pistoia

Imparare dall’Alluvione

Si imparano molte cose dall’esperienza di un’alluvione. Con tutto il rispetto e facendo tutte le dovute differenze con chi da un’alluvione si è visto strappare tutto il molto o il poco accantonato in una vita di sacrifici (o anche senza sacrifici, la distinzione è inutilmente e strumentalmente ideologica). O più ancora con chi a causa di un’alluvione ha perso la vita e non può stare a raccontare cosa avrebbe fatto volentieri il giorno dopo. Ma, con buona pace di tutti quelli che non perdono mai l’occasione per tacere e intimano al prossimo il silenzio per motivi di opportunità mai ben spiegati, io vi racconto della mia alluvione. Vi racconto cosa ho imparato da quelle sei ore fuori da ogni schema che ti lasciano con 140 cm di acqua e fango in casa.
Ho imparato non tanto, come si usa ripetere in questi casi, quanto si è piccoli e impotenti e inefficaci di fronte alle forze della natura, che per questo erano bastanti tutte le dimostrazioni, le morti, le disgrazie pregresse e le inefficacie lampanti dei 43 anni già passati in compagnia di umani di ogni tipo e in situazioni limite, ma quanto siano fondamentali la solidarietà e l’aiuto gratuito di chi compone la tua rete sociale. Che l’apparente impraticabilità di ogni strategia, che all’inizio rende difficile elaborare una risposta sensata, si dimostra minuto dopo minuto sempre più apparente e sempre meno impraticabile e, man mano che gli amici si sostituiscono, quando alla pala, quando al trasporto di oggetti irriconoscibili, quando al secchio e alla spugna, quando alla battuta di spirito che riporta il non ordinario alla terra, sempre più un problema faticoso che un poco alla volta si risolve.
Ho imparato che la parola Comunità, che viene spesso usata per rimarcarne l’assenza e un bisogno diffuso, ha davvero a che fare con qualcosa di morto. Con un sentire senza tempo seppellito dalle ideologie e dalla schadenfreude. Se esistesse ancora un sentire comunitario i vicini di casa avrebbero osato varcare il cancello di casa e, oltre a osservare il fango e pronunziare qualche frase di circostanza, ringraziando al contempo il maltempo per aver colpito l’altrui dimora, avrebbero aiutato, anche poco, quanto consentito dalle capacità, dal tempo, a sgomberare l’allagato, a spostare qualche mobile restituito dall’acqua gonfio e inutilizzabile. Avrebbero provveduto a rinforzare il conforto verbale con una Moka di caffè rovente.
Tutto questo non accade.

Alluvione a Pistoia | 21 ottobre 2013
Alluvione a Pistoia del 21 ottobre 2013 – una visione personale

Ho imparato che restituire alla vita quotidiana una casa alluvionata è la cosa più faticosa mai fatta. Che le istituzioni non esistono. Non esistono prima, non esistono durante, non esistono dopo. Non esistono prima, nella scriteriata gestione del territorio, non esistono durante, nella loro totale assenza dalla scena, non esistono dopo nel mancare l’occasione di cambiare finalmente orientamento nella gestione del territorio. L’unico atto istituzionale pervenuto è la distribuzione dei moduli per la richiesta danni.

Alluvione a Pistoia del 21 ottobre 2013
Alluvione a Pistoia del 21 ottobre 2013 – una autoironica visione personale

Ho re-imparato che la colpa muore fanciulla, ma al contempo si è giaciuta con molti. Che è meglio fare prima che spalare poi. Che ogni fenomeno ha un suono che è il proprio e l’alluvione non fa eccezione. Quando alle tre di notte l’ho ascoltato per la prima volta in vita mia sapevo che era esattamente il suono dell’alluvione. Che far funzionare il cervello al ritmo di salita del livello dell’acqua non è facile e così, col fango al ginocchio, nel buio rischiarato da una minitorcia tenuta in bocca, ci si affretta per salvare qualcosa, ma non si riesce a pensare cosa salvare, molto è già finito sott’acqua, il resto è nel buio, ciò che resta visibile è troppo grande per le braccia di un uomo solo. Così si finisce per salvare ciò che è vicino alle scale, qualcosa che galleggia, prima di desistere per paura di rimanere sotto un mobile.

 

Alluvione a Pistoia | 21 ottobre 2013
Alluvione a Pistoia del 21 ottobre 2013 – una visione personale

 

Come scriveva Nietzsche, e diceva il signor Geiser ne “L’Uomo nell’Olocene” di Max Frisch, bisogna essere pronti a tutto. Soprattutto quando sembra non essercene bisogno.

 

L’interrogazione parlamentare | una nota in un libro di Erving Goffman

C’è in questo libro di Erving Goffman (La vita quotidiana come rappresentazione) che sto leggendo sul treno, all’inizio e alla fine del quotidiano turno di movimentazione dei poponi, una citazione di un brano da un testo di un altro autore (H. E. Dale) che definisce in modo molto preciso quel peculiare modo di usare la lingua che hanno certe personalità pubbliche (in Italia scherzando lo chiamiamo di volta in volta Sindacalese, Politichese, ecc.). Sono cose già sapute, ma che come molte delle cose già sapute ogni tanto è bene sapere nuovamente, in forma diversa, in modo più approfondito o piu di superficie, disancorato dai paradigmi cui ci affidiamo per costruire una nostra visione delle cose del mondo, siano esse anche cose impalpabili come la retorica e lo stesso atto di nominare quelle cose.

Ecco qui la citazione dal libro del signor H. E.  Dale:

«La regola in materia [circa quelle affermazioni che sono dirette al pubblico o che probabilmente diventeranno pubbliche] è semplice. Non si deve dire niente che non sia vero,  ma è altrettanto inutile ed a volte perfino indesiderabile, anche nell’interesse pubblico, dire tutto ciò che è vero: i fatti possono essere presentati in qualsiasi modo convenga. È straordinario ciò che entro questi limiti può fare una persona che sappia scrivere. Si può affermare cinicamente,  ma con una certa dose di verità,  che la risposta perfetta a una interrogazione parlamentare è quella breve,  che può esser dimostrata precisa in ogni suo termine qualora sia fatta oggetto di critiche,  che non si presta a strascichi imbarazzanti,  ma che in realtà non rivela proprio niente.»

Capita sovente di sentire un brusio di fondo mentre qualcuno parla. Spesso succede quando parlano gli amministratori di cosa pubblica, i sindacalisti, i politici, gli affabulatori professionisti. Non preoccupatevi. Il brusio non è dentro di voi e non è nemmeno colpa dell’ignoranza ipotetica di cui ognuno è sempre, comunque e per fortuna, portatore. Il brusio è davanti a voi.

Fotografia originale di Alfonso Pierantonio (kruder396 on flickr) rilasciata con la licenza cc-by-sa-2.0. La modifica è mia e rilascio l'immagine derivata con la stessa licenza (cc-by-sa-2.0).
Fotografia originale di Alfonso Pierantonio (kruder396 on flickr) rilasciata con la licenza cc-by-sa-2.0. La modifica è mia e rilascio l’immagine derivata con la stessa licenza (cc-by-sa-2.0).

Minchiatella Poetica del Bambino & del Brasato

Michiatella Poetica composta in occasione di un pianto manipolatorio del mio giovanissimo figliuolo in contemporanea alla preparazione di un Brasato che richiedeva la massima attenzione. La mamma nel frattempo faceva la doccia.

 

L’ESCALATION DEL BAMBINO

È studiata a tavolino
l’escalation del bambino
piange tanto,  piange forte
per chiamare i vecchi a coorte.
Babbo e Mamma c’han da fare,
nun lo possono placare
sul fornello c’è il brasato
Bimbo strilla a perdifiato.

 

 

 

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