Non che lo ritenga un capolavoro di composizione, però questo è un testo che ho scritto dopo aver visto la comparazione fotografica tra la frangia conservatrice e forzaitalica da santa ciucciapiselli alle serate bungabunga e i ciuffi colorati da sindacalista tuttadunpezzo che pensa solo ai diritti delle minoranze, dei fintoinfortunati, alle cene pagate, ai congressi blindati e agli interessi degli amicucci che connotano il prima e il dopo politico della candidata consigliera abruzzese che non nomino.
Un bel capolavoro, questo sì, di trasformismo.
Comunque è stata scritta al lavoro. Ho deciso di non rimaneggiarla per conservare la sua verve originaria. Ho cambiato di posizione a due parole che non mi ero accorto facevano la rima. E nella Minchiatella Poetica la rima è importante.
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MINCHIATELLA POETICA
DELLA CANDIDATA INTERCAMBIABILE
L’intercambiabilità del candidato
Una calotta di capelli fatta al fotoscióp
E la mite conservatrice frangia
In ciuffi da brava progressista si càngia.
Amante del diverso e dell’uguale
Dell’uguale e del diverso
Dalla pazienza di chi legge dipende
Quante volte ripetere il sesto verso.
Pagare un caffè, oppure una birra, oppure una spuma bionda, oppure un cocktail (solo per quelli che scrivono poesie più pregiate) al bar con una poesia: se aspetti che qualcuno lo stabilisca per decreto non ha più lo stesso valore e nemmeno lo stesso prorompente fascino rivoluzionario e provocatorio. Pagare invece con la poesia dove non si potrebbe, dove non è attesa o prevista. Questo è dare valore alla poesia, costringere chi se la piglia perlomeno a leggerla per capire se ha fatto un buon affare. Sempre che questo dargli un valore di moneta sia considerabile un valore. Mostrare, se mai ne abbia bisogno, le sue ragioni. Perché la poesia abita molto più spesso dove non è invocata che dove invece è nominata spesso, ma il più delle volte a sproposito. Ad esempio nei caffè letterari. Ad esempio nei portali per addetti ai lavori.
Non è per gagaroneggiare e voler sembrare quello che è arrivato prima, che in realtà, come si dice a Pistoia, siamo arrivati tutti èsimi, ma solo per dire che con la poesia si paga, quando è possibile, dove essa non è attesa. Dove la poesia sia frattura, discontinuità, innesto insensato. In quei luoghi dove si è invitati a pagare con la poesia la poesia è nulla. Perde anche il valore di moneta di scambio che attribuito alla poesia è un valore solo se inatteso. Se sorprendente, se predica ai non convertiti e non, come scrisse Andrea Betti, predicare il piscio ai reni e l’amore agli innamorati.
Comunque io e David Napolitano pagammo alcune birre con due poesie. Doveva essere alla fine degli anni novanta. Il fatto che non mi ricordi esattamente l’anno e in quale delle occasioni in cui Io e David Napolitano ci siamo trovati a Rimini è indizio che ci si trova davanti, o dentro, all’episodio di una vita e non semplicemente della ricerca di un riconoscimento ufficiale all’interno del mondo delle lettere. Insomma, andammo a Rimini per cercare un editor di una casa editrice considerata al momento cool. Editor il cui nome ci era stato indicato da un comune amico che lavorava nel settore. Andammo al Block 60 per la presentazione di un libro di una giovane scrittrice che a giudicare dalla promozione che l’editore aveva messo in campo forse veniva pensata fenomenale, ma di cui in realtà si perse ogni traccia all’istante. Parlammo con l’editor, lasciammo ciò che dovevamo lasciare, parlammo del nostro lavoro, ma anche di quello degli amici, una vocazione, quella dell’altruismo, decisamente antieconomica in un ecosistema popolato perlopiù da ambiziosi e opportunisti. Lasciammo comunque all’editor una serie di dattiloscritti di tutti gli autori di Ass Cult Press. L’intento era quello di proporre un’antologia. La missione era terminata e dunque cominciò il resto.
La serata si trasformò poi in tutt’altro. Ed il tutt’altro era la nostra vera vocazione. Il tutt’altro da cui discende la letteratura se non vuol essere solo letteratura come scritto nell’epigrafe del primo capitolo di “Primavera Nera” di Henry Miller. What is not in the open street is false, derived, that is to say, literature. Un lungo vagabondare per bar, locali, incontrando persone mai conosciute prima, mai preventivato di conoscere. L’unica sicurezza di quella serata era il biglietto per il treno del mattino.
Gran parte della serata la passammo senza soldi. Incontrando persone di inaspettata generosità, fino a ritornare, a fine serata, in uno dei bar dove eravamo stati quando ancora avevamo della moneta da spendere. Ci avanzavano i biglietti del treno e i soldi per due caffè. Seduti al bancone ordinammo i due caffè e ci mettemmo un po’ di tempo per finirli. La titolare del locale ci chiese se avessimo intenzione di bere altro e noi rispondemmo di sì, ma che i soldi bastavano per i due caffè.
Dietro il bancone c’era un tizio americano, dalla confidenza con cui si muoveva nello spazio si sarebbe detto un amico della titolare, stazionava lì dietro a farsi drinks e a elargire simpatia e quando sentì che non avevamo soldi mise la mano in tasca, ne trasse diecimila lire dell’epoca e, senza neanche chiedere, offrì due birre. Seguirono altre birre che alla fine David si offrì di pagare con due poesie. La transazione andò a buon fine e tutti vissero felici e contenti. Qual’è la morale della storia? Non c’è una morale perché è una cosa successa davvero. C’è però che a far poesia e mutuare strategie promozionali sbagliate si finisce per diventare le strategie per abbandonare la poesia e la vita. Meditate.
Scrivevo qualche giorno addietro sui Social Networks, il giorno prima del Trieste International Slam cui mi apprestavo a partecipare, che mi era tornata in mente questa poesia di origine remota che per molti anni è stato uno dei brani fondamentali dei miei readings. Inclusa nella prima edizione di “Cani al Guinzaglio nel Ventre della Balena (1997), nella ristampa estesa di Fara del 2008, incisa poi nel 2009 con i Sus di Pistoia (e qui sotto potete ascoltare cosa ne venne fuori), da qualche anno non più interpretata dal vivo.
Mi ero ripromesso di leggerla a Trieste nel caso avessi raggiunto la finale, ma ho perduto lo spareggio.
Dovrò dunque al più presto partecipare a un altro slam o fare un reading.
RIFLESSIONI CONTRATTE
Bisogna mettersi a guardare
dentro le televisioni
per capire che l’uomo con il mitragliatore
è fuori e sta correndo ad ammazzarci.
Bisogna assumere qualcosa
che sia attivo ____________zuccheri droghe ____________benzodiazepine
che lubrificano la corteccia
dicono – calma, _______spostiamoci con calma –
il terrore è un amico
che vive solo _______e viene a cercare compagnia.
Bisognerebbe coltivare piante in armadi di vetro
nudi depilarsi e mangiarsi le unghie.
Meglio che curare doppiopetti sfioriti
sformarsi e rispondere con le croci.
Nudissimi arrampicati su se stessi
precipitati sudati ________fradici
dicendo grazie, questo è nulla ____________questo è tutto
non si preoccupi mai più
per il bello che verrà.
Bisogna che gli animali siano liberi e gli uomini
li rincorrano in sogno e in realtà ___liberi di masticare ___uscendo di strada ___a rotoloni dalle montagne ___dentro una piscina ___nella scatola elettrica ___spezzata in cento milioni di respiri affannosi
ma c’è il sonnifero e il letto ci mangia
e c’è calma
e dietro la finestra è arrivato
l’uomo col mitragliatore
che bussa entrando
si sdraia nella bocca del letto
e dice
– il terrore è scarico, ___________buonanotte -.
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ascolta da “La conseguenza di tutto” di Sus & Simone Molinaroli
Con entusiasmo vi comunico che è uscito un mio testo per le edizioni Gattili. Un progetto meritorio di piccola editoria.
Con ancora più entusiasmo vi dico che l’editore ha scelto una delle mie “minchiatelle”.
Che sono poesie di tono scherzoso, scritte nel rispetto della forma tradizionale (più o meno), che da un po’ di tempo mi diletto nel comporre.
In questo caso, la Minchiatella Poetica del Sindacato.
Il sottoscritto detiene cinque delle 18 copie che l’editore stampa di ogni titolo. Chi ne volesse una copia per sé la può avere gratis. Mandare un recapito e l’euro e ventotto centesimi per la spedizione.
Ho scritto questa poesia dopo l’ultima tornata elettorale. Senza particolari rancori verso nessuno in particolare. Soltanto constatazioni. Senza pensare a ciò che poi è seguito. Anche se considerando quello che è venuto dopo l’impressione di saperne di più gli uni degli altri si è rafforzata.
ILLUMINAZIONE Nr. 2 (adesso sappiamo molto di più gli uni degli altri)
Adesso sappiamo molto di più gli uni degli altri
e adesso sappiamo molto di più gli altri degli uni.
C’erano quelli che la sapevano lunga
e c’erano quelli che la sapevano tutta
e c’era il peggiore di tutti,
quello che sapeva di non sapere.
Peggio ancora, quelli che sapevano che non sapevi.
Custodivano memorie non falsificabili
della vita di ognuno,
le usavano a cena o all’ora dell’aperitivo
per ridere, classificare, compartimentare.
Erano Tristi Vopos
e trasportavano la verità
nella busta per la spesa.
Erano minuscole scaglie dialettiche
per un ancièn regime liberale
che terminasse la bellezza ed il reale.
Erano minuscoli loro,
l’ordine a immagine loro
e le possibilità che riuscivano ad immaginare
Solo brillava , ciò di cui non avevano bisogno.
La pace sociale ci persuase d’essere amici.
Ma una pace costruita con le stragi
non poté che finire per decreto.
La pace sociale ci persuase d’essere amici.
Ma una pace costruita con le stragi
non poté che finire per decreto.
Alle ore 20 di una sera qualsiasi
il Portavoce di un Governo nebuloso ed informale
illustrò a reti unificate
un piano semplice e funzionale:
Noi abbiamo creato il problema
solo Noi possiamo essere la soluzione.
Non avete scelta.
La tecnologia risolverà i problemi della tecnologia.
La politica quelli della politica.
La finanza quelli venuti con la finanza.
Scherzo crudele e inculata vischiosa
costarono molto e restò un fastidio,
ad alcuni un prurito, ad altri un dolore.
Per tutti un modulo di gradimento
su cui indicare il livello di soddisfazione.
a) Ok!
b) Sì, ancora! Mi è piaciuto molto
c) Non saprei
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