Dei giorni che passarono

Dei giorni che passarono pochi si fecero memoria
e molti divennero fatica, gravàme,
operosità e guadagno.
Altri furono rimessa e sconfitta
mestizia e congedo.
Commercio consueto.
Solo alcuni scintilla, piccolo lume
in lontananza nell’oscura traversata,
sentiero tracciato che resta sentiero*
anche quando l’ultima luce sembra
affievolirsi, quando la nebbia s’addensa.
In alcuni avrai detto ciò che dovevi
e in altri taciuto ciò che era bene tacere.
In giorni spargoli di festa
sarà stato il tempo giusto dell’azione,
del varco che si apre per chi è pronto.
Nella gran parte invano sembrerà passato il tempo,
ma sarà chiaro, a chi resiste,
che non è così.

*ispirato da una pagina di Max Frisch

Come nel film di John Carpenter

In autostrada visibilità quasi nulla per via della tempesta e pozze d’acqua che verrebbe voglia di fare pit-stop per il cambio gomme. Mi sorpassa una Smart a una velocità che, tenendo presente la mia e la velocità con cui scompare nel nulla, potrei quantificare in 150km orari. Dietro mi segue a distanza ravvicinata una berlina senza fari che mi fa venire in mente un film di John Carpenter.

In macchina una canzone degli Housemartins a volume alto mi ricorda la gioventù, che rottura di cazzo il turno di notte.

ABBIAMO CEDUTO SETTEMBRE AL NEMICO

ABBIAMO CEDUTO SETTEMBRE AL NEMICO

Abbiamo ceduto settembre al Nemico
fingendo di fingere una resa.
Ripiegando nel piano dove fuggire è un suicidio,
con l’abito bello per le ore gagliarde.
E percorso il non distinto
fino al termine di ogni recriminare
per arrivare all’aperto e stupirci
di non avere inseguitori
come acque di un fiume non più vero,
come rami di un delta senza mare.
La Fine della Guerra
è il luogo dove siamo arrivati.
E alla fine della guerra,
non ci sono più la guerra,
non ci sono più le icone,
non ci sono le attese spartizioni.
C’è solo la frontiera
tra due stati senza confine
e un canto residuo da un tempo,
da tempo inascoltato.

La merda di Riporto (pensando a Eugenio Montale nel 2019 sulla spiaggia di Riotorto)

Nell’ora in cui il dubbio ad alcuni
apre crepacci nei fianchi
mentre altri che ricevettero telegrammi
con dettagliate istruzioni di montaggio
s’innestano il fucile nel braccio,
seduto in retroguardia nell’ombra a noleggio
di un ombrello biancoblù, penso
al fiume che avanza verso il loco ameno,
alla grande marea di merda di riporto.
E vedo
un padre di famiglia con cappello militare
trascinare un canotto al guinzaglio
sulla spiaggia di Riotorto.

Sinfonia d’estate (inedito)

SINFONIA D’ESTATE

Portano cani minuti e feroci
Dentro apposite sacche portacane
e li poggiano su appositi sgabelli tra le sedute
e mangiano all’apericena l’apposito cibo
Il fingerfood e lo spritz malfatto
conche di minestre riscaldate
respirano la coolness e la movida
assisi su impagliati stile Formentera
e sabbia di riporto contaminata.
Sullo sfondo il ponte della tangenziale
la nube tossica sospinta dal vento
accolto come manna fresca
c’è invece la discarica che arde
fuoco! fuoco! cancella le prove!
Cancella il ricordo e porta la morte
Porta il puzzo salutare del risveglio
A questi tàngheri azzimati
Un po’ avvocato, un po’ verdesca,
Un po’ terzino e Carloconti.
L’affitto del piattino ha un costo
Non è increscioso, è triste.
Si mangia come equilibristi
con due mani e sette cose da tenere.
Dalla borsa apposita canini imbarazzati
abbaiano voce gagarona
l’occhio dell’omicida fende il buio
se la mole lo consentisse
quante giugolari saltate e filmati amatoriali
Anche i senzacane si difendono
ma questa poesia non approfondisce.
Nel frattempo un carnevale di squartamenti,
sbiancamenti e trattamenti
Erosione inarrestata di progressi evolutivi
e conquiste socioculturali.
“L’angoscia è temporaneamente solubile in alcool”
Un trito d’ossa fino che il vento
Mulina nell’aria e nei bicchieri
In soluzione stabile col tonic
E l’esotico gin con nome di capitale africana
Che pochi potrebbero indicare
Sulla carta muta o sul mappamondo
Ma fottesega dal momento che maps
Fottesega dal momento che
Si finisce bene insomma.