Calcio sì, Calcio no.

Calcio sì, Calcio no.

Da ex appassionato ormai quasi completamente all’oscuro di ciò che accade nel mondo del football, da anni non riesco ad andare oltre il diciassettesimo minuto senza dormire, oggi ho visto Fiorentina – Catania. E ho scoperto che ci sono ancora dei buoni motivi, almeno due, per guardare 90 minuti di calcio senza addormentarsi al 17′.

1. L’assist a cucchiaio di Jovetic.
2. L’ordinaria amministrazione del signor Pizarro.

Ho avuto anche la conferma della bontà dei motivi che dal calcio mi hanno allontanato, sentendo nominare alcuni noti e scarsi vendipartita (non in Fiorentina – Catania) di cui non farò i nomi. Sinceramente non riesco a tollerare la spregiudicata, incomprensibile e visionaria strategia di chi ancora li fa giocare.
Per tutti gli amanti del Calcio Narrato che, come ogni altra cosa narrata, è meno sostanzioso, ma più esteso del Reale, un’immagine d’epoca ritraente il grande Lennart “Nacka” Skoglung. Che mio padre Romano raccontava come un campione impareggiabile nel gioco del calcio e nella sregolatezza.

Conflittualità Trascurate

Spesso chi sul lavoro si propone di lottare per i propri diritti legittimi (non sto ovviamente parlando delle grandi vertenze di cui si occupano i “Sindacati”), vuoi per senso di giustizia, vuoi per amor proprio, per non comuni capacità di determinazione, per una ben ponderata aspettativa di miglioramento sociale, per una propensione consapevole o meno all’eudemonismo, finisce con l’ottenere, in termini di “diritti”, ben più di quanto potesse aspettarsi. E si ritrova coi suoi diritti, suo malgrado con dei privilegi e circondato dall’invidia e dall’acredine di quelli che la forza di rischiare non l’hanno, in un ecosistema palesemente peggiorato, il cui portato di conflittualità  annulla ogni vantaggio personale.

Le condizioni minime dell’ottimismo (il mio, non quello di Monti)

Mario Monti non perde occasione per ricordare che è Presidente del Consiglio dei Ministri di un paese diverso da quello di cui è in realtà Premier.
Si dichiara ottimista.
Secondo me Mario non si guarda attorno. E vive realmente in un altro paese.

Vorrei dire un paio di cose a Mario.

Signor Mario Monti
apprendo dai mezzi di comunicazione che si è dichiarato ottimista. Mi dispiace dirle, mi dispiace perché mi piacerebbe intravedere realisticamente delle prospettive  per il futuro, che non potrei dire la stessa cosa. Il panorama che circonda me è abbastanza desolante e per quanto condivida, non ci crederà ma è vero, alcune delle sue analisi e delle sue provocazioni, ritengo che lei e i suoi collaboratori non stiate facendo né il giusto né il sufficiente per risolvere i problemi del paese.
Senza addentrarsi in complesse analisi socio-politiche, le elencherò alcune condizioni minime, legate a motivazioni personali, senza il rispetto delle quali non mi dichiarerò ottimista in merito alle prospettive della nostra Nazione.

Sarò ottimista quando la mia busta paga differirà sensibilmente da quella, in Lire, che prese mio padre nell’aprile 1993  e che conservo come una reliquia.

Quando la principale forza economica del paese non saranno più le mafie, la malavita, il malaffare, i parassiti, gli speculatori e i prestatori di denaro. Quando non saranno più questi gli interlocutori di chi cerca di agire nel mondo del lavoro e dell’intrapresa.

Quando sarà emanata una legge che dichiari illegale il definirsi Moderati.

Quando i Poeti smetteranno di autocatalogarsi in generazioni inesistenti per avere un posticino dove stare.

Mi rendo conto che in merito all’ultima  condizione lei non potrà molto, ma mi accontenterei di vedere dei progressi in relazione alle altre tre.

 
 

 

 

 

 

Essere all’altezza dell’Incurabile – E. Cioran

Chi appartiene organicamente a una civiltà non può identificare la natura del male che la mina. La sua diagnosi non conta gran che; il suo giudizio che ha su di essa lo concerne; se le usa dei riguardi è per egoismo.

Meno coinvolto, più libero, l’estraneo la esamina senza calcolo e meglio ne coglie i punti deboli. Se la civiltà cade in rovina, accetterà all’occorenza di cadere con essa, di constatare gli effetti del fatum su di essa e  su di sé. Quanto ai rimedi, non ne possiede e neppure ne propone. Poiché sa che non si può curare il destino, non si spaccia per guaritore con nessuno. La sua unica ambizione: essere all’altezza dell’Incurabile…

da “La Tentazione di Esistere” di E.M. Cioran