Sono cose che si dicono da ubriachi,
ma anche da sobri.
Si dà troppa importanza
al numero dei bicchieri bevuti.
da “La Favola della Ricostruzione” raccolta inedita in lavorazione.
Sono cose che si dicono da ubriachi,
ma anche da sobri.
Si dà troppa importanza
al numero dei bicchieri bevuti.
da “La Favola della Ricostruzione” raccolta inedita in lavorazione.
Non rompetemi il cazzo
Sto scrivendo una poesia
A meno che non sia un invito
Per un birra ghiacciata
Ché son quaranta gradi all’ombra
E purtroppo non c’è ombra.
Don’t fuck around
I’m writing a poem
Unless it’s an invitation
For a cold beer
It’s 99 degrees in the shade
And unfortunately there is no shade.
Questi sono i tre inediti che ho inserito nell’antologia, ultima nata in casa Ass Cult Press, “Breve Antologia dal Fortòre”.
Sono tre testi nati tra il 2017 e il 2018, ancora senza una collocazione precisa.
Senza alcuna volontà
Circoscritti in un silenzio minerale
Il frigorifero è una merda
La muffa si autoinveste, si autodichiara
Allegoria e assegno postdatato,
Danno collaterale e Stemma nobiliare.
C’è il sangue nelle strade
E l’addetto non si vede,
La paura tiene in tana
E il sangue sparso si sparge.
Chiamo l’assistenza ma
Transita la voce all’altro capo
Dall’imbarazzo all’arroganza ed io Immagino per lei una vita scialba
Dentro una divisa consunta
Mentre le poche giuste ragioni
Sono sgominate dal mare di quisquilie,
Rivendicazioni e moduli mal scritti
Una disfatta ben studiata
Non è un capolavoro nemmeno se riesce
Se al termine del cataclisma
Passa il camion aspiratore
Guidare nell’oscuro tremolio antelucano
Giorno di paga giorno di morte
Giorno che porta i Mali
Tra tutti il peggiore
Il compimento sempre uguale
Di un attesa mai diversa.
Passa un bicchiere poi ne passa un altro
L’allegria s’innesca.
La bottiglia è vuota e il vino ha preso il volo
Al suo posto la risonanza di una cosa cava
Assaporata molti anni prima
Poi una bottiglia nuova
Tutte le debolezze in mostra
Sono di nuovo le cinque
Daccapo sulla giostra.
Nell’acque basse non s’affoga
Ma nemmeno si può nuotare,
Darsi spinta, Riemergere o Tuffare.
Ed è lì che stanno i pescimòta,
I resti della piena e le zanzare.
Lo smettitore, i “lo sapevo” e i senzavita.
L’abuso edilizio smontato dalla pioggia.
Il sacchetto in mater-B e la bottiglia vuota.
Il sorriso dipinto da piazzista
che incontrato a fine giorno
C’inguaia nell’orrore, nella melma,
Nel sondaggio preventivo. nell’incrocio trafficato di pessime pensate.
Mani nel viso, vie di fatto.
O più diplomatica somministrazione
Di anestetico forte. Fortissimo.
In agguato sulla soglia degli anni
specialisti in calcoli e ragionieri.
Tieni a mente, lo dicevo, e guarda bene
che son peggio dell’avere dei malanni.
Qui sotto la postfazione che ho scritto per “Breve Antologia dal Fortòre”, la pubblicazione con cui Ass Cult Press, senza impegno, decide di rientrare in ballo.
come una postfazione
NON ESCLUDO IL RITORNO
Così come nella storia di Ass Cult Press non erano esclusi il silenzio, l’autoesilio, il disarmo unilaterale, allo stesso modo non era escluso il ritorno. E infatti eccoci.
L’antologia viene dal fortóre, dalla gioventù inossidabile e sfrontata, è breve, disorganica, non è considerabile un nuovo inizio, non ha prospettive. È un defunto che ci appare nel sogno, fa dei movimenti incomprensibili con le mani, biascica parole senza suono e poi gira dietro l’angolo e quando, sempre nel sogno, lo rincorri è scomparso.
Sul comodino al risveglio trovi una piuma che non sei sicuro ci fosse al momento di coricarti.
Non sei sicuro.
Simone Molinaroli per Ass Cult Press
Arriva oggi per posta la nuova edizione di “Cani al Guinzaglio nel Ventre della Balena”. Un modo per fare i conti col passato e dedicarsi ai nuovi lavori, un ritorno all’antica pratica dell’autoproduzione.
Questa è la postfazione. Anch’essa autoprodotta.
Questo libro ripropone poesie precedentemente pubblicate in quattro raccolte distinte uscite tra il 1997 e il 2005. Ci sono inoltre alcune poesie più recenti che figuravano nella plaquette “Scritti per la Fine del Mondo” del 2013, le poesie di “Estate Indistruttibile” e alcuni componimenti giovanili rimasti per lungo tempo dentro una cartella in un cassetto e che per nessun motivo mai avrei pensato di poter consegnare al giudizio del pubblico, ma che adesso, in occasione di questo che può essere considerato come un consuntivo personale, affido volentieri al giudizio altrui. Credo di non essere stato un solo poeta. Credo di essere stato, in tempi distinti, più poeti nel corpo di un solo uomo. Credo d’esser stato anche più uomini. Sono stato, di volta in volta, il poeta che metteva in essere la lingua richiesta dall’uomo, dagli uomini. Ed è comunque stata una storia di una strenua ricerca di una lingua che si adattasse alle visioni, alle premonizioni, ai suoni e agli allarmi. Una lingua che, quando decisi di cominciare, non c’era e che se c’era io non incontrai.
Mi piace definirmi poeta disorganico. Sono in realtà un poeta autodidatta. Non con questo che mi manchi un’istruzione superiore come si conviene ad ogni persona nata dopo il boom economico. Sono autodidatta nel campo delle lettere. Non che quando decisi di cominciare, è stato tanti anni fa, agli inizi degli anni ottanta, ai primi anni di liceo, mancassero riferimenti e simboli più o meno autorevoli a cui raccomandarsi e a cui fare riferimento, ma semplicemente ho sempre preferito non avere da rendere conto a nessuno, non avere santo da ringraziare, momaggiare, retribuire con moneta reale o simbolica.
I miei libri sono stati in gran parte autopubblicati. Ovvero pubblicati da Ass Cult Press che non coincide esattamente con me essendo la risultante dell’impegno di più persone. Ma diciamo per comodità che sono stati autopubblicati. Pratico l’autopubblicazione, il DIY* della letteratura da molto prima che diventasse un fenomeno monetizzabile. Da molto prima che il consorzio preposto a gestire i codici isbn decidesse di rilasciare anche codici singoli per libri autopubblicati. Mi piace far così. Probabilmente perché io sono l’unico che realmente voleva vedere pubblicati i miei libri, probabilmente perché non ho mai avuto voglia di attenermi alle regole non scritte del mondo delle italiche lettere (d’altra parte non essendo scritte come pensare di farle accettare a tutti), probabilmente perché non andavo cercando le stesse cose animato dalla stessa ambigua, inutile e smisurata ambizione che animava e anima molti di quelli/e che condividono la stessa mia vocazione. Ho deciso dunque di continuare sulla strada intrapresa ed ecco questa mia antologia esaustiva autopubblicata con questo nuovo strumento del crowdfunding. Dentro ci sono sufficienti elementi per poter dare una valutazione del mio “far poesia” in senso prospettico e retrospettivo.
Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo libro, principalmente chi ha finanziato il progetto e chi mi ha aiutato nell’organizzare le date di presentazione.
*Do It Yourself – espressione anglosassone proveniente dall’ambiente
dell’hardcore punk che indica produzioni realizzate al di fuori dei circuiti
legati alle major.