“Primo dell’Anno” è una poesia che scrissi alla fine degli 90. Credo fosse il 98. Di ritorno dalla discoteca dove prestavo servizio, dopo una colazione in un famoso bar/pasticceria dove la scena effettivamente si era svolta.
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PRIMO DELL’ANNO
Marsina bianca di barista e brutti musi di zerbino.
È il primo dell’anno un magazzino di panico
e digestione ufficiale di antichi massi e fuoristrada.
È il primo dell’anno ho i ginocchi sporchi
una bronchite scarburata e parlo da solo.
È il primo dell’anno camminate sottovento
le tigri ascoltano gli odori dal salotto di casa.
Ottimismo. L’era dell’Acquario,
un mattino radioso senza pioggia con nuvole basse
cento fette di limone e ormoni che parlano lingua salata.
Marsina bianca barba e baffi
faccia un cappuccino al ragazzo cocainomane
è faticoso tornare dalla Colombia.
Marsina bianca fammi un tè
guarda la medaglia sul mio petto
ho voglia di dirti
“lavori per uno stronzo
alle 6.00 del primo giorno
dell’era dell’Acquario.”
Invece ti dico
“Grazie Marsina
bianca barba e baffi
grazie e buon anno.”
Noi andiamo
alle 7 .00 il Divino Aviatore atterra in deltaplano
per tatuarmi sul petto i versi che smontano
la matematica del nulla, le strategie aziendali
il cinismo dei lavandini.
E poi l’ultima sigaretta, l’ultima prima dell’assalto
il primo a mani nude senza il bisturi d’ordinanza.
È il primo dell’anno è come un caldo sudore
uno stupro in appalto, una faccia da polizia
un deragliamento di carrelli all’esselunga
la cerimonia inaugurale della guerra
il desiderio inesauribile di scampare alla mattanza.