Simone Molinaroli è un poeta, Alessio Chiappelli un chitarrista/compositore, Matteo Parlanti è un batterista, Simone Naviragni un bassista e Valentina Innocenti una danzatrice. Tutti insieme si fanno chiamare La Fine del Mondo ed hanno deciso di collaborare per contribuire all’incremento di percentuale di poesia nel mondo, raccontando la vertigine dell’esistenza degli ultimi uomini. “Siamo nati lontano” è il loro Ep d’esordio, uno spoken, un reading, un concerto rock, con tanto di chitarre fiammeggianti. Non c’è rimpianto in questi testi, solo constatazione, nessun chiostro di pietà, semmai un nuovo inizio all’alba della disfatta. Come giocolieri in equilibrio sull’abisso ci propongono una vertigine di rock, musica d’autore, pop umbratile ed avanguardie assortite. Quattro tracce con un’impostazione prossima al piglio degli Offlaga Disco Pax, ma con gli accenti spostati dall’elettronica al rock, roba che va di moda di questi tempi. Dal punto di vista musicale di carne al fuoco ce ne è in abbondanza: “Forse un giorno / Fissammo l’orizzonte” è dark wave, “Illuminazione Nr. 1” ha le chitarre dei pezzi slow dei Marlene Kuntz con inserti di fiato dal sapore ispanico, la title track ha languori post rock, con tanto di crescendo elettrico finale, “Tutti siamo morti” ha mostruosi spiragli light noise. Ogni volta che ascolto qualcosa del genere ripenso alla meravigliosa parabola degli inavvicinabili Massimo Volume, pertanto non vedo l’ora di avere fra le mani il primo album de La Fine del Mondo per vedere come andrà a finire questa storia. (Claudio Lancia 7/10)