Su La Fine del Mondo Vol. 9 | Gustavo Tagliaferri di www.magmusic.it

Nona recensione per “La Fine del Mondo”. La potete leggere qui sotto o seguire il link alla pagina d’origine

http://www.magmusic.it/2012/11/13/my-two-cents10/

Gustavo Tagliaferri su La Fine del Mondo – Siamo Nati Lontano EP (Salmone Records/Ass Cult Press)

Lontananza è quel sentimento che fa breccia nell’animo di coloro che hanno un particolare affetto per determinate cose e/o persone il cui segno è e rimane indelebile. Scegliere di rappresentarlo attraverso l’avanspettacolo, la danza, e di conseguenza la musica, sembrerebbe insolito, eppure per un progetto come La fine del mondo è decisamente appropriato. Un EP come “Siamo nati lontano“, targato Salmone Records, svolge anche questo compito, oltre a dare l’idea di quello che hanno da dire, attraverso un’opera prima, i singoli componenti. Come Valentina Innocenti, con le sue movenze, si lascia andare al ritmo, così Simone Molinaroli funge da voce recitante su una musica affascinante che si avvicina a certi Calexico (Illuminazione Nr. 1), per non dire ai Bark Psychosis (la title-track) o agli Slint (Forse un giorno/Fissammo l’orizzonte). Momenti che vedono il loro cordone ombelicale in quell’esplosione conclusiva presente, a suo modo, in tutte le occasioni, e che si plasmerà definitivamente in Tutti siamo morti, dove le chitarre di Alessio Chiappelli (quest’ultimo già nei S.U.S.) hanno un ruolo importante. Lo stesso della post-produzione di Gioele “Herself” Valenti: il tocco finale a delle composizioni sfagiolanti.

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Tutti Siamo Morti | un inedito da leggere e ascoltare

Nella mia plaquette in uscita per Ass Cult Press “Scritti per la Fine del Mondo” ci sarà anche questa poesia che al momento è ancora un inedito da leggere in anteprima e ascoltare nell’ep d’esordio de La Fine della Mondo.

Stasera (4 ottobre 2012) sarà possibile ascoltarla all’Osteria Il Papero di Balconevisi – San Miniato (PI), dove La Fine della Mondo suonerà dal vivo.

 

TUTTI SIAMO MORTI

Tutti siamo morti in certi giorni
che sembravano piste d’atterraggio
licenziando misteri già svelati
e salutando con l’ala braccio infortunata
il terrore ascendente sul volto
che osserva il carrello bloccato, il touch & go
fino ad esaurimento carburante
e lo schianto finale.
Siamo morti tutti, come negarlo,
in quelle ore che sono luoghi non mappati
di cui gli orologi non portano Il Segno.
Siamo morti tutti, come negarlo.
E come negare lo spietato dominio
dell’ambizione alla rovina,
come negare
di ciò che “non può essere detto”.
Ma è durato poco.
Siamo rinati tutti.
Come in un prodigio inspiegato
che i mai-morti con invidia
chiamano fortuna.

 

 

Simone Molinaroli – La Fine del Mondo
(www.lfdm.org)

Tutti i diritti riservati © 2012

si fabbrica la chiesa di san Michele arcangelo – Luigi Di Ruscio

si fabbrica la chiesa di san Michele arcangelo
quell’angelo tutto biondo e azzurrato SS del padreterno e protettore della celere
che arma la mano degli esorcisti che discaccia i diavoli rintanati nelle vulve infocate
(signore liberami dal male oppure moro affogato dalla puzza)
oggi sono venuti in visita il vescovo e il prefetto accoppiati in maniera giudiziosa
baciare l’anello sacro non sputarci sopra perdio
sotto un sole d’arsura sogno la rivoluzione festa delle classi oppresse
o come scatenamento della follia criminale
il capocantiere controlla e cronometra tutti i miei istanti
il sabotaggio è l’unica salvezza non farti spaccare bisogna durare lungamente
è la furia muraria di mio padre che tiene tutto in piedi
a volte non penso ai mattoni che carico e alla terra che scavo
guardo le colline e penso a quella che mi ama
e di domenica andiamo a vedere il mare
meditiamo di mettere su casa e perpetuare in eterno la specie proletaria
la libidine che ci farebbe scopare qualsiasi stronza
come si costruisce una qualsiasi chiesa
e mi veniva incontro sorridente e stellata
per una nuova esplosione di sessi gloriosi

 

(versione inclusa nel volume “Firmum 1953 – 1999” edito da peQuod)

 

 

 

 

Luigi Di Ruscio è nato a Fermo (AP) il 27 gennaio 1930, emigrato in Norvegia nel 1957 dove ha lavorato per anni quaranta in una fabbrica metallurgica, sposato con Mary Sandberg con cui ha avuto figli quattro.
È morto ad Oslo il 23 febbraio 2011.

Le condizioni minime dell’ottimismo (il mio, non quello di Monti)

Mario Monti non perde occasione per ricordare che è Presidente del Consiglio dei Ministri di un paese diverso da quello di cui è in realtà Premier.
Si dichiara ottimista.
Secondo me Mario non si guarda attorno. E vive realmente in un altro paese.

Vorrei dire un paio di cose a Mario.

Signor Mario Monti
apprendo dai mezzi di comunicazione che si è dichiarato ottimista. Mi dispiace dirle, mi dispiace perché mi piacerebbe intravedere realisticamente delle prospettive  per il futuro, che non potrei dire la stessa cosa. Il panorama che circonda me è abbastanza desolante e per quanto condivida, non ci crederà ma è vero, alcune delle sue analisi e delle sue provocazioni, ritengo che lei e i suoi collaboratori non stiate facendo né il giusto né il sufficiente per risolvere i problemi del paese.
Senza addentrarsi in complesse analisi socio-politiche, le elencherò alcune condizioni minime, legate a motivazioni personali, senza il rispetto delle quali non mi dichiarerò ottimista in merito alle prospettive della nostra Nazione.

Sarò ottimista quando la mia busta paga differirà sensibilmente da quella, in Lire, che prese mio padre nell’aprile 1993  e che conservo come una reliquia.

Quando la principale forza economica del paese non saranno più le mafie, la malavita, il malaffare, i parassiti, gli speculatori e i prestatori di denaro. Quando non saranno più questi gli interlocutori di chi cerca di agire nel mondo del lavoro e dell’intrapresa.

Quando sarà emanata una legge che dichiari illegale il definirsi Moderati.

Quando i Poeti smetteranno di autocatalogarsi in generazioni inesistenti per avere un posticino dove stare.

Mi rendo conto che in merito all’ultima  condizione lei non potrà molto, ma mi accontenterei di vedere dei progressi in relazione alle altre tre.