La Produttività (è principalmente una parola abusata)

Da un lato c’è chi pensa che la produttività sia direttamente proporzionale ai movimenti/minuto degli addetti (i lavoratori), intesi come gruppo non qualificato e privo di identità e caratteristiche singolari. Dall’altro, chi crede che la difesa dei diritti equivalga alla conservazione delle esenzioni e dei privilegi, senza nessuna attenzione per il rispetto delle regole su cui ogni società democratica si regge.

Nel mezzo c’è il disagio e subito accanto al disagio c’è una sacca di economia autoreferenziale, fondata sulla sussistenza del disagio, abitata dai veri parassiti del sistema economico italiano.

Calcolando lo spazio occupato dalla malavita organizzata, dall’informazione, dalla controinformazione, dagli agenti dei servizi, dai venditori e dai compratori di servizi e dottrine riconducibili alla new age e partendo dalla volontà di non appartenere a nessuno dei gruppi succitati, sembrerebbero essersi esauriti lo spazio fisico e lo spazio metaforico.

Fonte: Opera propria (© Jared C. Benedict)
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Le condizioni minime dell’ottimismo (il mio, non quello di Monti)

Mario Monti non perde occasione per ricordare che è Presidente del Consiglio dei Ministri di un paese diverso da quello di cui è in realtà Premier.
Si dichiara ottimista.
Secondo me Mario non si guarda attorno. E vive realmente in un altro paese.

Vorrei dire un paio di cose a Mario.

Signor Mario Monti
apprendo dai mezzi di comunicazione che si è dichiarato ottimista. Mi dispiace dirle, mi dispiace perché mi piacerebbe intravedere realisticamente delle prospettive  per il futuro, che non potrei dire la stessa cosa. Il panorama che circonda me è abbastanza desolante e per quanto condivida, non ci crederà ma è vero, alcune delle sue analisi e delle sue provocazioni, ritengo che lei e i suoi collaboratori non stiate facendo né il giusto né il sufficiente per risolvere i problemi del paese.
Senza addentrarsi in complesse analisi socio-politiche, le elencherò alcune condizioni minime, legate a motivazioni personali, senza il rispetto delle quali non mi dichiarerò ottimista in merito alle prospettive della nostra Nazione.

Sarò ottimista quando la mia busta paga differirà sensibilmente da quella, in Lire, che prese mio padre nell’aprile 1993  e che conservo come una reliquia.

Quando la principale forza economica del paese non saranno più le mafie, la malavita, il malaffare, i parassiti, gli speculatori e i prestatori di denaro. Quando non saranno più questi gli interlocutori di chi cerca di agire nel mondo del lavoro e dell’intrapresa.

Quando sarà emanata una legge che dichiari illegale il definirsi Moderati.

Quando i Poeti smetteranno di autocatalogarsi in generazioni inesistenti per avere un posticino dove stare.

Mi rendo conto che in merito all’ultima  condizione lei non potrà molto, ma mi accontenterei di vedere dei progressi in relazione alle altre tre.

 
 

 

 

 

 

Quando potremo brindare di nuovo

Sarà quando le parole Cool, Movida, Liberaldemocrazia, Spread, Creatività, Rating (solo per dirne alcune, ma sarebbero molte di più) saranno bandite o avranno perso ogni valore, saranno state desacralizzate e depotenziate per impedirne ogni uso strumentale e depistante che potremo berci il nostro Bicchierino all’imbrunire, brindando con sincero e immotivato entusiasmo a un Futuro e a un Cambiamento, peraltro non così probabili.
Per adesso brindiamo, tenendo ben presente il baratro antistante.

La memoria dei rassegnati | due riflessioni del Vaneigem in questi giorni di supercazzole finanziarie

[…]
La proliferazione dell’inutile e la rarefazione dell’essenziale non potevano trovare forma di espressione più adeguata della burocrazia finanziaria internazionale il cui assolutismo stabilisce con la società vivente un rapporto da extraterrestre. Come definire altrimenti questa genia, i cui ordini emanano più dagli imperativi di mercato che dagli individui?
Più l’incomprensione separa gli speculatori impegolati nel calcolo dei rendimenti e coloro i quali aspirano a vivere aldilà delle matematiche del profitto, tanto più la distanza è colmata da una informazione che risponde solo a se stessa, alla quale non può essere detto o contestato nulla poiché essa provvede a stivare l’insignificante nella memoria dei rassegnati.

da “Noi che desideriamo senza fine” di Raoul Vaneigem

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L’espressione di Rosy Bindi e l’estinzione del PD

Io non guardo mai il televisore. Il mio non ha il decoder per il segnale digitale. E il decoder che mi hanno regalato è ancora imballato. La scatola ha ancora la reggetta di plastica. Stasera però ero a cena a casa di mia madre e mentre mangiavo, di spalle all’apparecchio, ho ascoltato lo scambio di battute tra Rosy Bindi, la Gruber, un certo Mieli e in collegamento esterno il nuovo sindaco di Parma. Il Pizzarotti. Alla fine del Risotto mi sono voltato. Mentre il sindaco parlava, cercando di mantenersi a un livello dialettico medio-basso, Rosy Bindi non riusciva a nascondere delle espressioni di ironico disprezzo. Erano espressioni che a Pistoia chiameremmo “a-presa-di-culo”. E per finire in bellezza, un maldestro tentativo di “Uomo di Paglia” evitato con garbo e fermezza dal tanto disprezzato avversario.
Quelle espressioni tradivano l’incapacità di misurarsi sul nuovo terreno delle aspettative e delle istanze inderogabili di un gruppo sociale sempre più ampio. Che il Presidente della Repubblica può anche fingere, con fare da vero mafioso, di non aver sentito. Che Bersani può liquidare rivendicando la vittoria di Budrio ed esponendosi al pubblico ludibrio con un gioco delle tre carte verbale in cui si afferma che non ci sono posti in cui si perde, ma solo posti in cui non si vince (significato?). Nell’insofferenza a ogni forma di dissenso, anche quello legittimo che non ti fa il piacere di portare le devastazioni nelle strade, si manifesta la sclerosi di un’intera classe dirigente ormai definitivamente scollegata da ogni realtà immaginabile. Autoreferenzialità, segnali di intemperanza e maleducazione inaccettabili, disconoscimento della parte avversa. Si manifestano i motivi per cui il Partito Democratico, al pari delle altre formazioni “tradizionali” è destinato a scomparire in tempi medi.
Essi non hanno più via d’uscita. In prospettiva gli rimane solo il Golpe. In combutta con gli altri scomparenti. Ed essi si, dovranno fare i conti con qualcosa di innominabile. E non il Pizzarotti, che all’accusa di essere stato eletto coi voti del Pdl risponde giustamente che i voti non appartengono a nessuno, se non ai cittadini.

Io non sono un politologo, ma solo un libero pensatore.
E non guardo mai la tv. Che sia io che a non capire i codici della comunicazione televisiva?