La riduzione del Dissenso

LA RIDUZIONE DEL DISSENSO (ri-pensando e ri-cordando il rumore generato dall’arresto delle Pussy Riot)

 

Vi ricordate ancora delle Pussy Riot dopo aver caldamente parteggiato pro o contro di loro con grande spreco d’energia e risorse linguistiche?

Ridurre il dissenso a una manifestazione risibile, soprattutto rendere il proprio dissenso conforme a uno standard di ridicolezza ufficiale che lo renda veicolabile grazie alle strategie di marketing, agevola solo la legittimazione di una repressione ferrea, ma seria, non contraddittoria, fedele al potere costituito. Che essendo già costituito non necessita di costituirsi nuovamente, ma si accontenta anche solo di un assenso di superficie. I Dissenzienti (o i dissidenti) meglio farebbero a cominciare a prendersi un po’ più sul serio. Singolarmente, in relazione al proprio dissenso, e vicendevolmente, in relazione a delle finalità ipoteticamente condivisibili e potenzialmente realizzabili in uno spazio reale.

 

Nella foto: il mio amico Impiegato Maoista ritratto da me medesimo.

© 2012 SIMONE MOLINAROLI

La Produttività (è principalmente una parola abusata)

Da un lato c’è chi pensa che la produttività sia direttamente proporzionale ai movimenti/minuto degli addetti (i lavoratori), intesi come gruppo non qualificato e privo di identità e caratteristiche singolari. Dall’altro, chi crede che la difesa dei diritti equivalga alla conservazione delle esenzioni e dei privilegi, senza nessuna attenzione per il rispetto delle regole su cui ogni società democratica si regge.

Nel mezzo c’è il disagio e subito accanto al disagio c’è una sacca di economia autoreferenziale, fondata sulla sussistenza del disagio, abitata dai veri parassiti del sistema economico italiano.

Calcolando lo spazio occupato dalla malavita organizzata, dall’informazione, dalla controinformazione, dagli agenti dei servizi, dai venditori e dai compratori di servizi e dottrine riconducibili alla new age e partendo dalla volontà di non appartenere a nessuno dei gruppi succitati, sembrerebbero essersi esauriti lo spazio fisico e lo spazio metaforico.

Fonte: Opera propria (© Jared C. Benedict)
English: Transferred from en.wikipedia.org

L’Italico Underground

L’italico underground mi ricorda il cittadino indignato che ha sistemato figlio e parenti grazie a un usciere del ministero e per trent’anni s’è guardato bene dall’emettere scontrino fiscale nella sua botteguccia.  L’underground è grossomodo come il sopra. Accolite di modesti e rancorosi copiaincollatori, revivalisti, retromaniaci, con logiche e prospettive da impiegato. Strategie promozionali di stampo solidaristico che hanno come finalità ultima la rendita di un qualche arido e insignificante ragioniere.
Tutto un colpetto di gomito e una strizzatina d’occhio e coglioncini col piano soprastante, piano di cui si possono criticare le scelte estetiche nell’attesa di una chiamata. Dopo la quale ci si rende disponibili a tormentoni, carnevalate e miserevoli apparizioni televisive.
Cutugni, solecuoreamore, maionchi, fattori sconosciuti, minchiatelle sonore senza speranza. E il comico tentativo di configurarsi come “sistema economico” a immagine e somiglianza di quello di livello superiore. Peccato sia un sistema basato esclusivamente su professionalità solo millantate  e sulla pecunia dei musicisti. O peggio, sui soldi dei babbi e delle mamme dei musicisti.
In eterno stand by nell’attesa della cooptazione. Ma soprattutto una avvilente, silenziosa e non priva d’odio nei confronti di chi non vi si riconosce, rassegnazione all’epigonalità.

 

La minestra nella foto simboleggia il ribollire creativo dell’underground. La foto l’ho fatta io per evitare problemi di copyright. Ci sarebbero stati soggetti migliori, ma…

Tutti Siamo Morti | un inedito da leggere e ascoltare

Nella mia plaquette in uscita per Ass Cult Press “Scritti per la Fine del Mondo” ci sarà anche questa poesia che al momento è ancora un inedito da leggere in anteprima e ascoltare nell’ep d’esordio de La Fine della Mondo.

Stasera (4 ottobre 2012) sarà possibile ascoltarla all’Osteria Il Papero di Balconevisi – San Miniato (PI), dove La Fine della Mondo suonerà dal vivo.

 

TUTTI SIAMO MORTI

Tutti siamo morti in certi giorni
che sembravano piste d’atterraggio
licenziando misteri già svelati
e salutando con l’ala braccio infortunata
il terrore ascendente sul volto
che osserva il carrello bloccato, il touch & go
fino ad esaurimento carburante
e lo schianto finale.
Siamo morti tutti, come negarlo,
in quelle ore che sono luoghi non mappati
di cui gli orologi non portano Il Segno.
Siamo morti tutti, come negarlo.
E come negare lo spietato dominio
dell’ambizione alla rovina,
come negare
di ciò che “non può essere detto”.
Ma è durato poco.
Siamo rinati tutti.
Come in un prodigio inspiegato
che i mai-morti con invidia
chiamano fortuna.

 

 

Simone Molinaroli – La Fine del Mondo
(www.lfdm.org)

Tutti i diritti riservati © 2012

C’è bisogno di Democrazia Cristiana

C’è grande bisogno di Democrazia Cristiana.
C’è grande bisogno di una nuova balena capace di contenere tutti i transfughi, più o meno dichiarati, della vecchia DC. Le Vecchie Volpi e i nuovi Renzi. I temibili mestieranti e i nuovi adepti, troppo giovani anagraficamente per essere stati democristiani militanti, ma portatori di un gene che li associa a chi nella vecchia grande balena ha soggiornato a lungo.
Uniti in una diaspora funzionale alla trasformazione di tutti i partiti in partiti cattolici. O perlomeno in partiti in cui la componente cattolica punti i piedi e rivendichi il proprio ruolo di ago della bilancia, cercando di indirizzare i partiti stessi verso scelte all’insegna della moderazione e della virtù cattolica, dei dettami di santa romana ecclesia, del liberalismo nazionalpopolare, un tripudio di cilici invisibili e festicciole inconfessabili tra proibizionisti, antiabortisti, nemici giurati di ogni indagine scientifica e custodi dell’accoppiamento naturale.
Ecco, io sento che loro, i cattolici e i moderati,  hanno bisogno di un partito nuovo. Un partito che scelga chiaramente di restare indietro rispetto alla società, un partito che si ritenga esito politico naturale di un sistema valoriale condiviso largamente, ormai soltanto immaginato.
Ecco, i cattolici e i moderati hanno bisogno di un partito nuovo.
Hanno bisogno della Democrazia Cristiana.

 

 

 

immagine © Matteo Baroncelli