Con entusiasmo vi comunico che è uscito un mio testo per le edizioni Gattili. Un progetto meritorio di piccola editoria.
Con ancora più entusiasmo vi dico che l’editore ha scelto una delle mie “minchiatelle”.
Che sono poesie di tono scherzoso, scritte nel rispetto della forma tradizionale (più o meno), che da un po’ di tempo mi diletto nel comporre.
In questo caso, la Minchiatella Poetica del Sindacato.
Il sottoscritto detiene cinque delle 18 copie che l’editore stampa di ogni titolo. Chi ne volesse una copia per sé la può avere gratis. Mandare un recapito e l’euro e ventotto centesimi per la spedizione.
Highlights della settimana appena trascorsa sono stati: l’apertura della bottiglia di Tignanello (in foto) che ha riservato momenti di piacevole compagnia e condivisione alla famiglia riunita in giardino al tramonto, la lettura di un classico del libertarianesimo “Anarchia, stato e utopia” di Robert Nozick e la decisione di restituire in assemblea la tessera del sindacato (cgil). Dopo molti anni di convinta adesione e alcuni di riflessioni amarissime sulle sorti del più grande sindacato italiano che molto ha contribuito al cambiamento del nostro paese, ma che ha rinunciato alla possibilità di poterlo/volerlo fare nel presente. Per l’occasione ho composto questa Minchiatella Poetica. La Minchiatella Poetica del Sindacato.
Ci sono due/tre toscanismi che mi sono permesso principalmente perché sono toscano, perché si prestavano al tono scanzonato e perché mi facevano gioco (altro toscanismo) nella composizione. La prossima minchiatella ne conterrà di più.
***
C’eravamo tanto amati
Non ricordo come fu
Ero iscritto al sindacato
Una volta ormai non più.
Tutti mesi c’era la quota
da pagare al patronato
per le cene ai funzionari
E la ghenga dietro a rota.
C’eran sempre l’assemblee
coll’assenso pilotato
si votava il già deciso
meccanismo collaudato.
Al dissenso ogni qualvolta
Riservato era lo scherno
Del furbetto delegato
Dal pecorume spalleggiato
Tutta gente il cui governo
È una semplice equazione
Una sedia, un privilegio
Un ufficio, un’esenzione.
Ma era nato il sindacato
Perché anche il poero avesse voce
Perché potesse dir la sua
Sopra quanto era pagato
Su quante ore pattuire
all’ufficio o allo stanzone
uomo o donna non importa
e di lavoro non morire.
Però adesso io più non pago
Non mi presto a questa spesa
per sentire bischerate
Dette con la voce accesa
Voce accesa di Gran Pazzo
Per coprire la magagna
Di menare un gran torrone
E non combinare un Cazzo.
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