Il Dispositivo Stocastico (Defender)

Mi ricordo che alla fine degli anni 70 nei bar si giocava a un videogame chiamato Defender. Ci giocavo anch’io. Nella sua semplicità il gioco prevedeva un dispositivo stocastico (l’iperspazio) per le situazioni di estrema difficoltà (le porte coi sassi si direbbe a Pistoia). Si poteva premere un pulsante e riapparire in un punto qualunque dello schermo. Ecco. Le milizie dell’isis hanno premuto quel tasto e casualmente, dalla famosa collina siriana, si sono trovati a “sud di Roma”. Così nell’immaginario collettivo indotto dall’incessante narrazione di uno scenario di violenza diffusa e incontrollabile.

Allo stesso modo, nello stesso immaginario, i nuovi occupanti dei palazzi del potere sembrano esservi arrivati premendo quel pulsante, proiettativi a loro insaputa, senza programmazione, da gente sprovveduta senza piani sul breve/medio periodo.

E nel medesimo immaginario l’elettore ha la colpa d’essere livido, rancoroso, ignorante, testardamente incompetente.

Nel medesimo immaginario la rovina di tutto è da imputare al Suffragio Universale.

Nel medesimo immaginario è bastevole frequentare un festival culturale per autoconsiderarsi, per osmosi, élite culturale.

Il dispositivo stocastico è una cosa divertente da bambini.

Scrittori & Scriventi – parte terza | la variante letteraria dell’edonismo di massa…

segue da: Scrittori & Scriventi – parte prima e Scrittori & Scriventi – parte seconda

 

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Il mondo della letteratura è pieno di gente che si autoaccredita. Pieno di persone che, se quella miserabile abitudine di imputare all’ignoranza altrui le proprie disgrazie non la ritenessero una prerogativa di calciatori falliti, delle microstelline televisive e dei politici locali, ti griderebbe in faccia tranquillamente “LEI NON SA CHI SONO IO!”.
In effetti non si sa chi sono questi scemi che si autoaccreditano. Tra cui il sottoscritto e tutti gli altri che vorrebbero far parte di un insieme ridotto, di una Elìte influente e indiscutibile, seduta in assise a un tavolo da cui pontificare verso un uditorio di silenziosi interessati. Tra cui anche gli accreditati ufficiali ed ufficiosi di ogni camarilla, di ogni loggia letteraria, di tutte le bande di leccaculo, cacaminchia, ingrati di corta memoria.

Ma più che il crescente numero di scrittori, sedicenti e aspiranti, affermati e in via di affermazione, mi sembra più preoccupante il crescente numero di coloro i quali, in quel grande insieme in crescita, affermano convinti, animati da una spocchia ridicola alimentata dalla scarsa consapevolezza, che gli scrittori sono troppi. Ma nessuno mai che alimenti dentro di sè, anche solo un poco, il dubbio legittimo di essere parte dell’escrescenza, del pleonastico, dell’insulso, del non significativo.

È la variante letteraria dell’edonismo di massa. Tutti gli uomini comuni che cercano di distinguersi dal luogo comune, senza peraltro riuscirci. Convinti però di esserci riusciti.

 

 

 

Olivetti Lettera 82 in Casa Molinaroli
La mia Olivetti Lettera 82

Nella foto, una mia Olivetti fotografata da me medesimo. Nessun problema di copyright

Una morte cristiana nel Rio de la Plata

Non è facile gioire per la morte di uomo ultranovantenne soprattutto se a lui e ai suoi compari, un buon numero di compari che hanno avuto la possibilità di terminare la loro onorata carriera occupando posizioni di rilievo nell’esercito, nella federazione calcistica locale, dentro organizzazioni internazionali, trent’anni prima è stato consentito di organizzare uno dei più macabri progetti di ingegneria sociale e culturale della nostra storia recente. Coadiuvati dal silenzio e dall’approvazione della cosiddetta “comunità internazionale”, che consentì alla giunta militare l’organizzazione di un campionato mondiale di calcio propagandistico e funzionale, che aiutasse l’opinione pubblica internazionale e interna a sviluppare un assenso impossibile verso quel progetto di “bonifica” che privò l’Argentina di un’intera generazione di uomini e donne portatori di istanze altre da quelle dei difensori dei valori (e degli interessi) della Società Tradizionale. Manifestazione che solo alcuni tra i giocatori, e per iniziativa personale, ritennero di dovere o poter boicottare (il tedesco Breitner, l’argentino Carrascosa che si salvò dalle inevitabili ritorsioni per il suo rifiuto della convocazione solo per il fatto d’essere il capitano della nazionale e di godere di una immensa popolarità, Crujff e forse nessun altro). Forti dell’appoggio della chiesa cattolica i cui alti prelati ritenevano che la narcotizzazione rendesse “cristiana” la morte di coloro che, dopo essere stati torturati, venivano lanciati nel Rio de la Plata dagli elicotteri.

È difficile gioire della morte di un vecchio dittatore, sapendo quanti suoi silenziosi sostenitori continueranno a scegliere il ritorno all’ordine, là come qua, in questi giorni in cui le parole sicurezza e libertà vengono associate con sempre più frequenza e disinvoltura, in cui il perenne stato d’emergenza limita la libertà di analizzare leggi e dispositivi e squalifica ogni uso linguistico difforme dallo standard liberaldemocratico. Difficile far festa per la morte di Videla mentre lo stato d’eccezione reso norma sembra diventare il brodo di coltura di nuovi processi di de-democratizzazione.

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