Il reclutamento della classe dirigente

Il reclutamento della classe dirigente

Sarebbe in errore, a mio parere, e ingenuamente cadrebbe in una trappola apparentemente razionale chi credesse, nel confrontare due classi dirigenti, una formata in una delle molte Scuole di Alti Studi sparse nel mondo, l’altra selezionata da un portale online, di scorgere una differenza discriminante nella qualità dell’istruzione ricevuta ignorando al contempo la loro sostanziale similitudine. Perché se è indubbio che i ben formati abbiano formazione certificata e capacità presumibili, pare altresì indubbio che finire a far parte di una classe politica esautorata della possibilità di produrre politica, idee e dispositivi in un contesto governato per mezzo di decreti e cabine di regia (già da prima della presente Pandemia) ne renda inutile ogni potenzialità. Rendendo invece di somma importanza ciò che li rende sostanzialmente simili ai descamisados della politica selezionati sul portale. Ovvero la disposizione a ricevere delle direttive indiscutibili di provenienza ignota (perlomeno per l’osservatore da casa) e ancor più importante l’essere sradicati dal proprio contesto di appartenenza e la rinuncia a essere espressione e di conseguenza ricevere le istanze di qualsivoglia gruppo sociale. Fenomeni quello della de-democratizzazione delle istituzioni e dello sradicamento della classe dirigente che non ho certo la pretesa velleitaria di introdurre io, ma che sono già ampiamente discussi dagli anni 50 e che nel contesto attuale si manifestano solamente in modo più limpido incontrando le voci amplificate dal grande flusso di comunicazione, talvolta distorte artatamente, di alcune delle eminenze pensanti del nostro sciagurato presente.

Un giardino in riva al mare

Una volta arrivati a Punta Ala c’è da chiedersi principalmente perché ci si è andati. C’è da chiedersi perché sulla via Aurelia, all’altezza del bivio per Tirli e Punta Ala, si sia scelto quest’ultima destinazione invece del sopravvalutato e pittoresco borgo di minatori toscani. Dove sarebbe stato possibile bere una birretta seduti al tavolo di un bar ordinario a un prezzo ordinario (cosa che è successa dopo). Punta Ala è un Santuario della religione abbandonata dell’ottimismo seguito all’italico boom, un monumento a un brioso presente-aperitivo a ciclo continuo di una cena-futuro ancora più briosa e sempre di là da venire e che comincia a palesarsi perlomeno improbabile. Un paese fantasma ben tenuto, a distanza di sicurezza dal reale e dalle sue contraddizioni. Ma lasciamo perdere queste considerazioni sicuramente pregiudiziali e legate al gusto personale e parliamo del pratino di Punta Ala.
Il pratino che accoglie il pellegrino, il viandante, il semplice visitatore compresso tra il fronte di cemento e il mare, si presenta col cartello, quello che si può vedere nella foto. E il cartello detta le regole e ci dà un’informazione fondamentale per capire la natura del luogo dove siamo arrivati. Un giardino dove non ci si può sdraiare, non si può giocare, non si può portare il cane a cacare. L’unica cosa consentita è portare una paletta per rimuovere un’ipotetica merda di cane che però è vietato far cacare nel giardino. L’unica cosa consentita è diligentemente pulire lo sporco che qualcun altro ha incivilmente abbandonato in riva al mare. Le informazioni sono confuse. Ma anche questa analisi può essere considerata un prodotto delle proprie convinzioni. Ciò che è invece chiaro, aldilà di ogni proiezione personale, è che non è un’ordinanza comunale a proibire le normali attività di un giardino pubblico. Bensì una s.p.a.
Perché il luogo è gestito da una holding privata e questo ci racconta molto del mondo a venire, quello degli ultra high net worth individuals e dei loro ghetti fortificati e del resto del mondo abbandonato ad una deregulation falsamente propagandata come naturale, delle enclosures diffuse, della privatizzazione di tutto ciò che si può ritenere legittimamente un patrimonio comune (c’è del resto chi ritiene che la proprietà privata e il mercato siano una cosa naturale e utilizza pericolosamente il termine naturale e i suoi derivati ideologici) e in cui ogni cosa potrà essere considerata merce. Anche l’aria che respiriamo.

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L’assassino scivola e perde la pistola

L’impasse attuale della vita politica italiana mi ricorda, con tutto il corredo di suoni e annessi di tipo emotivo, la scena principale di un film thriller, non di uno in particolare ma di un film thriller archetipico che nella storia umana viene proiettato a ciclo continuo, quella in cui l’Assassino rincorre la vittima designata nell’oscurità, armato di Pistola. Ma non la scena iniziale in cui un comprimario, un personaggio ininfluente che, senza essere adeguatamente sviluppato, viene ucciso per introdurre nella narrazione e nella mente dello spettatore la figura dell’Assassino armato di Pistola (è un’allegoria – lo preciso subito per le persone troppo inclini alle interpretazioni letterali). Non quella iniziale che ci consente di tracciare un quadro della situazione complessiva e introduce tutti gli elementi simbolici. No. È la scena finale. Il protagonista fugge, la situazione è disperata ed è debole e confuso. La determinazione dell’Antagonista è nota e il Protagonista non è un eroe, non è armato e non ha un chiaro piano di fuga. Fugge solamente e attende il Deus ex Machina.

E siccome è il protagonista il Deus ex Machina si manifesta. L’assassino cade e perde la pistola. Il protagonista si trova nella condizione di potersi salvare e non è per i suoi buoni sentimenti o per ricompensa di un  suo presunto merito in una scala di riconoscimento del valore. È solo per caso che questa possibilità si offre.

Il protagonista cosa fa?

Ecco, al sistema politico italiano è adesso offerta quella possibilità che è offerta al protagonista del film. Non gli è offerta evidentemente per meriti personali pregressi (come poter pensare questa cosa?), ma solo per caso. Lo stesso caso che manovra l’evoluzione e il resto degli eventi umani.

Uno scenario stocastico.

Siamo al punto in cui, anche se il raggiungimento di questo punto fosse stato in gran parte determinato dalla progettazione di qualche oscuro regista, l’assassino cade, perde la pistola e il protagonista immeritevole ha la possibilità di curvare la sceneggiatura.

Ce la farà il nostro protagonista?

 

 

 

Una giornata come le altre (+ le dichiarazioni dei Capi Gruppo)

È mentre sento il Sugo di Peperoni emettere il classico suono di Sugo di Peperoni che penso alla giornata politica appena trascorsa. Risento il suono delle dichiarazioni ascoltate ieri durante la diretta radiofonica dalla Camera dei Deputati. Le riascolto a memoria (mi aiuto un po’ con il web, lo ammetto). Pierferdinando parla da grande Democristiano, incita alla coesione e poi si lascia un po’ andare a dice che “destra, sinistra e centro non sono più rappresentativi di nulla”. Reguzzoni, con cui a tratti e con imbarazzo mi trovo d’accordo, minaccia la guerra civile (ma non è su questo che mi trova d’accordo), Bersani il Simpatico dichiara di sostenere il governo dalle proprie posizioni, ma senza discussioni, senza paletti. Per sottolineare che il sostegno del PD ha un’identità precisa chiede umilmente che il governo tenga di conto delle sue posizioni (del PD). E finisce, il Bersani, con un delirio Nazionalista/Surreale che può trovare spiegazione solo nell’abuso di Alcool. Alfano, Alfano niente. Il Presidente è un marpione. Ci garantisce che metterà in atto misure severe. Ma al contempo ci ricorda che la situazione peggiorerebbe se non fosse messo in condizione di attuarle. Per rassicurarci sull’esistenza dei Poteri Forti e sulla divisione tra Potere Reale e Potere Formale, rivolge un pensiero a quelli che hanno, da sempre, contribuito meno. E come per chiedergli il permesso (in questo ricorda un po’ Bersani), costernato, gli dice che dovranno contribuire un po’ anche loro. Ai lavoratori manda invece a dire che i diritti sono privilegi facendo la sua parte nell’opera di tracciatura di un solco profondo tra le generazioni. Facendo la sua parte di lavoro sporco nel tentativo di persuadere i precari e i più giovani che la responsabilità della loro condizione è solo ed esclusivamente di chi ha dei diritti. È un marpione. Uno che io non vorrei come amico.
Il Sugo di Peperoni borboglia a ritmo costante. L’aroma è convincente. Non tutto è perduto.
Vi consiglio di prepararvi. Al peggio, al meglio, a qualunque cosa.
Il Kynikós vi direbbe di essere pronti a tutto. Perché solo essere pronti a tutto rende l’Intelligenza invulnerabile.

Io mi metto il vestito buono.