C’è in questo libro di Erving Goffman (La vita quotidiana come rappresentazione) che sto leggendo sul treno, all’inizio e alla fine del quotidiano turno di movimentazione dei poponi, una citazione di un brano da un testo di un altro autore (H. E. Dale) che definisce in modo molto preciso quel peculiare modo di usare la lingua che hanno certe personalità pubbliche (in Italia scherzando lo chiamiamo di volta in volta Sindacalese, Politichese, ecc.). Sono cose già sapute, ma che come molte delle cose già sapute ogni tanto è bene sapere nuovamente, in forma diversa, in modo più approfondito o piu di superficie, disancorato dai paradigmi cui ci affidiamo per costruire una nostra visione delle cose del mondo, siano esse anche cose impalpabili come la retorica e lo stesso atto di nominare quelle cose.
Ecco qui la citazione dal libro del signor H. E. Dale:
«La regola in materia [circa quelle affermazioni che sono dirette al pubblico o che probabilmente diventeranno pubbliche] è semplice. Non si deve dire niente che non sia vero, ma è altrettanto inutile ed a volte perfino indesiderabile, anche nell’interesse pubblico, dire tutto ciò che è vero: i fatti possono essere presentati in qualsiasi modo convenga. È straordinario ciò che entro questi limiti può fare una persona che sappia scrivere. Si può affermare cinicamente, ma con una certa dose di verità, che la risposta perfetta a una interrogazione parlamentare è quella breve, che può esser dimostrata precisa in ogni suo termine qualora sia fatta oggetto di critiche, che non si presta a strascichi imbarazzanti, ma che in realtà non rivela proprio niente.»
Capita sovente di sentire un brusio di fondo mentre qualcuno parla. Spesso succede quando parlano gli amministratori di cosa pubblica, i sindacalisti, i politici, gli affabulatori professionisti. Non preoccupatevi. Il brusio non è dentro di voi e non è nemmeno colpa dell’ignoranza ipotetica di cui ognuno è sempre, comunque e per fortuna, portatore. Il brusio è davanti a voi.