IL BICCHIERE NELLA PIOGGIA
Il bicchiere nella pioggia
racconta la destinazione, l’urto,
l’esilio di un Ospite Involontario.
L’appello sgradito che il corpo non teme
e la voce non diserta.
Dover andare.
La compiutezza di ogni intento,
l’approdo finale e il disarmo,
lo scioglimento dell’equipaggio e senza tante storie
il termine di ogni doloroso equivoco.
Di questa poesia ricordo esattamente il processo compositivo.
È stata scritta nella primavera del 2004. Due amici che lavoravano insieme a un progetto musicale molto apprezzato, e che già avevano usato un mio testo in un precedente lavoro, mi chiesero di scrivere un testo per un nuovo album a cui stavano lavorando. La scrissi per loro. Però poi non se ne fece nulla. Quel disco non fu mai realizzato e il progetto stesso fu abbandonato. Ed io rimasi con una delle migliori poesie che avessi mai scritto, cioè una di quelle che in relazione al movente e alle aspettative iniziali più hanno finito per approssimarsi al risultato sperato, scritta paradossalmente per altri. Ho pensato spesso che proprio il senso di responsabilità e la legittima voglia di ben figurare, collaborando con persone di cui si tiene in considerazione il lavoro, abbiano funzionato da incentivo.
La pensai e la scrissi quasi tutta guidando quel famoso furgone che guidavo a ore improbabili nella primavera del 2004. Battendo un ritmo in quattro quarti sul volante e prendendo il la dal verso “Il pensiero dà fastidio anche se chi pensa è muto come un pesce” di una canzone (com’è profondo il mare) di Lucio Dalla.
Negli anni è stata più volte utilizzata durante i miei readings diventando praticamente il mio personale hit e ne sono state registrate alcune versioni tra cui questa che segue con i Sus. Curiosità: c’è anche chi mi ha raccontato di averla letta in classe per ammansire una scolaresca ottenendo peraltro il risultato sperato.
IL PENSIERO DÀ FASTIDIO
Il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa sta pensando a se stesso
e non parla o se parla è poco
un verso di poesia animale, gemello
della computazione elementare retrostante
un brano di una autistica preghiera
e il sacrificio umano
per il dio incontentabile degli orfani.
Il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa sta pensando l’amore
come l’eterna pulsazione
che rende giovani e immortali
il prodigio senza trucchi
che restituisce un corpo ai morti
per camminare nella memoria
dei giorni fecondi.
Il pensiero dà fastidio
anche se chi pensa sta pensando
cosa posso dire a questi occhi
per vedere il loro vero colore
la furiosa bellezza
l’onda feroce di desiderio
che vidi nello sguardo che generò il mio viaggio.
Il pensiero dà fastidio
anche se abbiamo tutti amato
qualcosa che non esiste
e maledetto la speranza
e l’attesa incalcolabile dell’avvento
di un regno, di una parziale salvezza.
Abbiamo tutti amato
qualcosa che non esiste.
Per questo, sopravvissuti.
Vendete gli abiti con cui hanno vestito
la vostra vita e il vostro sonno.
Vendeteli agli specialisti del riciclaggio
e come promozione includete nel prezzo
i biscotti che vi hanno avvelenato
e la sorpresa che vi colse
quel pomeriggio che vostro padre
confessò apertamente di non essere
niente di più che l’uomo che vi generò
e confessando pianse e alla fine
aggiunse che era giusto che sapeste
che vi avrebbero strappato tutto
in cambio di quei vestiti che un giorno
avreste fatto bene a vendere prima che
vi regalassero anche i mobili e gli optional
e che vi strappassero veramente tutto.
_________________________
Il Crollo degli Addendi
Simone Molinaroli
Ass Cult Press/Dizlexiqa
2006
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Una poesia da una raccolta inedita che medito di far stampare entro la prima metà del 2016.
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MAGGIO ROVENTE PORTA IL CONTO
Maggio rovente porta il conto
innesca il timer di un conto rovesciato
al cui termine attesa e paura,
deluse dallo scherzo,
si suicidano brillando nell’aria sgonfia
come una canzone dei Pixies. [oh, Ed is in a better way]
Maggio rovente ha la pistola
colpo in canna e niente da perdere
fredda il ragioniere incarognito
del pensiero transitorio
e poi ci osserva
con lo sguardo che segue
i discorsi esaustivi.
Scrivevo qualche giorno addietro sui Social Networks, il giorno prima del Trieste International Slam cui mi apprestavo a partecipare, che mi era tornata in mente questa poesia di origine remota che per molti anni è stato uno dei brani fondamentali dei miei readings. Inclusa nella prima edizione di “Cani al Guinzaglio nel Ventre della Balena (1997), nella ristampa estesa di Fara del 2008, incisa poi nel 2009 con i Sus di Pistoia (e qui sotto potete ascoltare cosa ne venne fuori), da qualche anno non più interpretata dal vivo.
Mi ero ripromesso di leggerla a Trieste nel caso avessi raggiunto la finale, ma ho perduto lo spareggio.
Dovrò dunque al più presto partecipare a un altro slam o fare un reading.
RIFLESSIONI CONTRATTE
Bisogna mettersi a guardare
dentro le televisioni
per capire che l’uomo con il mitragliatore
è fuori e sta correndo ad ammazzarci.
Bisogna assumere qualcosa
che sia attivo ____________zuccheri droghe ____________benzodiazepine
che lubrificano la corteccia
dicono – calma, _______spostiamoci con calma –
il terrore è un amico
che vive solo _______e viene a cercare compagnia.
Bisognerebbe coltivare piante in armadi di vetro
nudi depilarsi e mangiarsi le unghie.
Meglio che curare doppiopetti sfioriti
sformarsi e rispondere con le croci.
Nudissimi arrampicati su se stessi
precipitati sudati ________fradici
dicendo grazie, questo è nulla ____________questo è tutto
non si preoccupi mai più
per il bello che verrà.
Bisogna che gli animali siano liberi e gli uomini
li rincorrano in sogno e in realtà ___liberi di masticare ___uscendo di strada ___a rotoloni dalle montagne ___dentro una piscina ___nella scatola elettrica ___spezzata in cento milioni di respiri affannosi
ma c’è il sonnifero e il letto ci mangia
e c’è calma
e dietro la finestra è arrivato
l’uomo col mitragliatore
che bussa entrando
si sdraia nella bocca del letto
e dice
– il terrore è scarico, ___________buonanotte -.
____
ascolta da “La conseguenza di tutto” di Sus & Simone Molinaroli
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