IL NOME DELLE COSE

IL NOME DELLE COSE

Viene il mattino e arresta la deriva
la prematura discesa tra le schiere
di chi comincia e di chi finisce.
Dopo quaranta giri
le cose hanno un nome
e un respiro impronunciabile proprio
un incavo invisibile e infinito
dove vivono le molte direzioni
che non abbiamo scelto
che non ci hanno scelto.

Il Cenotafio delle Illusioni

Il Cenotafio delle Illusioni

La sua capacità d’adattarsi cessò
d’esistere al risveglio una mattina
quando tra i calzini e le mutande
scovò il cenotafio delle illusioni
che alla sua vita dettero il suono
d’un infinito lamento felino.
Poi nell’automobile del secolo prima
piena di scorie parlanti un sonno
convulso e millenario e come ogni mattino
la commovente alba appesa
dietro la rampa d’ingresso della tangenziale.
Scalare due marce, procrastinare,
pensando al solito
“quante ore del cazzo alla guida”
e accelerare nel mistico silenzio autostradale.
Qualcuno dei tanti che dissero qualcosa
Ed era prevedibile
A fine giornata finì per avere ragione
Avendo comunque tirato una cazzata.

Chiamata telefonica dalla Zona Rossa

Chiamata telefonica dalla Zona Rossa

Pronto?
Pronto? Che giorno è?
Ho udito la voce di mio padre nel vento
radente mentre censivo il ghiaìno
del sentiero ribattuto nei giorni
lithomanzia segreta che trama disgrazia,
rogna e collane di sbadigli per la guerra
che viene in attesa che l’attesa
trovasse il motivo, ma il tempo
è una melassa che distilla virtù
obbedienza, coda di vinacce esauste
dai Solocorpo percóla l’odiopaura
l’elemento base del raggiro eccezione…
Come stai?
La messaggeria è la casa dei morti
tutto si è spento in un grumo di impronte
le bottiglie vuote si assembrano
il passo è perduto, nell’isolamento è bene
evitare l’alcool e l’isolamento,
nel rifugio di canne e pietre per calcolare
il peso esatto dell’amputazione taciuta
questa differenza immaginabile tra il prima
e il poi o viceversa tra quanto spettante
e quanto restante…
Che fai?
Seduto accanto al rosmarino tra le api
punto il telescopio verso the next place
i suoi abitanti essi sono cambiati
la vita solo corpo, grugnito e delazione
le visioni da sussuro diventano fiumana
l’esperto in simulazioni di scenario tradisce
tra le righe di un discorso sicuro
l’inettitudine, la paura di non essere compreso,
la termite nella zampa dello sgabello
lo scivolo sul nulla truccato da salvezza
l’articolo tarocco apparentemente
gratis.

ABBIAMO CEDUTO SETTEMBRE AL NEMICO

ABBIAMO CEDUTO SETTEMBRE AL NEMICO

Abbiamo ceduto settembre al Nemico
fingendo di fingere una resa.
Ripiegando nel piano dove fuggire è un suicidio,
con l’abito bello per le ore gagliarde.
E percorso il non distinto
fino al termine di ogni recriminare
per arrivare all’aperto e stupirci
di non avere inseguitori
come acque di un fiume non più vero,
come rami di un delta senza mare.
La Fine della Guerra
è il luogo dove siamo arrivati.
E alla fine della guerra,
non ci sono più la guerra,
non ci sono più le icone,
non ci sono le attese spartizioni.
C’è solo la frontiera
tra due stati senza confine
e un canto residuo da un tempo,
da tempo inascoltato.

La merda di Riporto (pensando a Eugenio Montale nel 2019 sulla spiaggia di Riotorto)

Nell’ora in cui il dubbio ad alcuni
apre crepacci nei fianchi
mentre altri che ricevettero telegrammi
con dettagliate istruzioni di montaggio
s’innestano il fucile nel braccio,
seduto in retroguardia nell’ombra a noleggio
di un ombrello biancoblù, penso
al fiume che avanza verso il loco ameno,
alla grande marea di merda di riporto.
E vedo
un padre di famiglia con cappello militare
trascinare un canotto al guinzaglio
sulla spiaggia di Riotorto.