La delusione dello scrittore

Avete mai notato la delusione fuori controllo che talvolta appare sul volto dello scrittore, sia esso un sedicente scrittore, un desideroso di essere uno scrittore, uno scrittore affermato, un amatore, al momento delle presentazioni con un altro/a rappresentante dello stesso vastissimo gruppo umano (il gruppo è in effetti esteso ed è difficile non imbattersi nei propri simili)? Perché lo abbiate notato è  necessaria una precondizione. Che siate scrittori pure voi, che anche voi siate nella schiera di scrittori, sedicenti, desiderosi, quindi se non fate parte dell’insieme e volete testare quell’espressione che talvolta appare sul volto degli scrittori non avete che da chiedere. Mi presto volentieri per presentarvi come amici scrittori ad altri scrittori, sedicenti, desiderosi, affermati e semiaffermati. Se non siete scrittori fingetevi una volta tali oppure fidatevi di me.
La Delusione, io mi chiedo, sarà provocata dalla presunzione della velletarietà delle altrui intenzioni ed opere o dalla consapevolezza della propria? Questo mi chiedo. E di presunzione si tratta ché al momento delle presentazioni, di solito, nessuno sa niente dell’operato dell’altro, perché spesso nessuno sa veramente niente nemmeno dell’opera di chi conosce personalmente. Perché spesso si critica per sentito dire, per antipatia, per spirito di scuderia e più spesso ancora non si leggono le opere dei propri simili. Si apprezza per convenienza, per appartenenza, per aver ricevuto compenso, per ottenere apprezzamento in risposta, consenso che genera consenso e via così.
Non sarà forse il dubbio d’aver sbagliato mestiere, hobby, oggetto per investimento libidico? A quella delusione io associo ormai la volontà malcelata di restare soli a coltivare i resti di quelle che ormai vengono chiamate Humanities perché, come tutte le altre produzioni attuali dell’umano, siano riducibili a degli standard di accettabilità che hanno a che fare con la pubblicità, la propaganda di regime, il politicamente corretto, la parità di genere, la speranza balorda che tutti vengano dichiarati inabili tranne uno. Che apposite commissioni vengano approntate per vagliare ed, eventualmente, impedire la libertà di esprimersi ed esporsi al giudizio altrui. A quella delusione associo una forma d’edonismo del tutto simile a quella dei poverelli dei talent show. Ma rovesciata. Perché mentre il poverello ricerca palesemente e consapevolmente il colpo di culo, l’accelerazione fortunata che lo strappi a una vita di lavoro noioso, a un anonimato giusto, ma ormai inaccettabile per tutti, e lo premi per la sua mancanza di talenti esattamente simile alla mancanza altrui in un grande democratico statistico rituale collettivo, l’altro cerca la conferma alla propria ambizione spesso alimentata da forme temibili d’autorappresentazione delirante, ma altrettanto spesso non supportata da nessun reale talento. Se da una parte c’è della deprecabile, ma sincera spregiudicatezza che, per puro caso, può addirittura trasformarsi in libertà e disposizione all’askesis, dall’altra c’è un’ipocrita e miserabile disposizione al servilismo, alla schiavitù intellettuale, quella che per esempio fa vivere molti all’ombra del professore famoso nell’attesa del tornaconto. Tornaconto che spesso non arriva e fa dire agli ambiziosi delusi cose terribili su chi fino al giorno prima hanno difeso con entusiasmo nordcoreano.
L’ultima volta che è successo con me coinvolto in una presentazione tra scrittori (nessuno dei due famoso o famigerato, accreditato o autorizzato) è andata così:
Ah, scrivi anche te… con quel tono di voce atonale che ricorda le signorine dei navigatori e dei caselli automatizzati.
“Certo” risposi,  “qui scriviamo tutti.”

Si evidenzia in questi frangenti una disperante mancanza di autoironia, di autocritica e una palese mancanza di misura nel considerarsi in relazione all’influenza esercitata dal proprio scrivere/pensare. Si potrebbe elaborare una formula per calcolare l’influenza approssimativa di un intellettuale e che lo si potrebbe è evidente. Ed è altrettanto evidente che è uso diffuso in ambito letterario comportarsi come se si esercitasse un’influenza tangibile, quando invece è nulla in realtà.

Ma sul tempo lungo siamo tutti morti. Lo siamo già adesso. E non disperate. Della maggior parte, della quasi totalità di coloro che adesso scrivono, compresi gli autori di successo, compresi numerosi autori veramente dotati di talento, il tempo a venire non serberà memoria alcuna. E non certo per sfortuna, ma perché il tempo è un Signore.

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Scrittori & Scriventi – parte terza | la variante letteraria dell’edonismo di massa…

segue da: Scrittori & Scriventi – parte prima e Scrittori & Scriventi – parte seconda

 

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Il mondo della letteratura è pieno di gente che si autoaccredita. Pieno di persone che, se quella miserabile abitudine di imputare all’ignoranza altrui le proprie disgrazie non la ritenessero una prerogativa di calciatori falliti, delle microstelline televisive e dei politici locali, ti griderebbe in faccia tranquillamente “LEI NON SA CHI SONO IO!”.
In effetti non si sa chi sono questi scemi che si autoaccreditano. Tra cui il sottoscritto e tutti gli altri che vorrebbero far parte di un insieme ridotto, di una Elìte influente e indiscutibile, seduta in assise a un tavolo da cui pontificare verso un uditorio di silenziosi interessati. Tra cui anche gli accreditati ufficiali ed ufficiosi di ogni camarilla, di ogni loggia letteraria, di tutte le bande di leccaculo, cacaminchia, ingrati di corta memoria.

Ma più che il crescente numero di scrittori, sedicenti e aspiranti, affermati e in via di affermazione, mi sembra più preoccupante il crescente numero di coloro i quali, in quel grande insieme in crescita, affermano convinti, animati da una spocchia ridicola alimentata dalla scarsa consapevolezza, che gli scrittori sono troppi. Ma nessuno mai che alimenti dentro di sè, anche solo un poco, il dubbio legittimo di essere parte dell’escrescenza, del pleonastico, dell’insulso, del non significativo.

È la variante letteraria dell’edonismo di massa. Tutti gli uomini comuni che cercano di distinguersi dal luogo comune, senza peraltro riuscirci. Convinti però di esserci riusciti.

 

 

 

Olivetti Lettera 82 in Casa Molinaroli
La mia Olivetti Lettera 82

Nella foto, una mia Olivetti fotografata da me medesimo. Nessun problema di copyright

Scrittori & Scriventi – parte seconda

segue da: Scrittori & Scriventi – parte prima

Nel gruppo umano composto da scrittori, operatori del settore, aspiranti, ambiziosi e affini, grande abbastanza da far pensare a una pluralità di vedute e d’intento, a un sano, animoso, vigoroso dibattito, c’è invece una sostanziale unanimità nel ritenere numericamente esagerato il gruppo di persone che si definiscono scrittori. Che vorrebbero essere considerati tali, che vorrebbero campare di scrittura, proprio adesso che la produzione inconsapevole d’informazione, testi, flusso informazionale è uno dei capisaldi della nuova economia del tempo liberato. Che cercano di apparire come qualcuno che di lettere campa, ignorando completamente e colpevolmente ciò che significa il campare di lettere.
Insomma, il mondo è pieno di gente che scrive. Pieno di gente che scrive che è pieno di gente che scrive. Senza nessuno che dia il buon esempio e decida una volta per tutte di smettere. Di smettere principalmente di praticare forme deliranti di autorappresentazione e, magari in seguito, dare il buon esempio.

 

Olivetti Lettera 82 in Casa Molinaroli
La mia Olivetti Lettera 82

Nella foto, una mia Olivetti fotografata da me medesimo. Nessun problema di copyright