Si capirà mai che queste cazzate sono volute? | da “Super-Eliogabalo” di Alberto Arbasino

Un passo da un libro del 1969  di Alberto Arbasino che sembra accennare a qualcosa di presente o di incombente. Non tanto per ripetersi ancora che la storia si ripete, ma per non scordare che c’è qualcosa di costante nello strutturarsi dei dispositivi di potere.

 

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No, che non basta ancora! Un po’ di cattivo gusto, un po’ di cattivo gusto vero,  su, su, andiamo, andiamo,  avanti!!! Siamo in Italia!!! La sede dell’orrore!!!

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«Ma si capisce o si capirà mai che tutte – o quasi – queste cazzate sono volute?» si domanda un po’ inquieto l’imperatore.

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da “Super-Eliogabalo” di Alberto Arbasino

 

 

Elagabalo (203 o 204-222 d.C) - Musei capitolini - Foto Giovanni Dall'Orto - 15-08-2000 .jpg
Elagabalo (203 o 204-222 d.C) – Musei capitolini – Foto Giovanni Dall’Orto – 15-08-2000 .jpg

La Produttività (è principalmente una parola abusata)

Da un lato c’è chi pensa che la produttività sia direttamente proporzionale ai movimenti/minuto degli addetti (i lavoratori), intesi come gruppo non qualificato e privo di identità e caratteristiche singolari. Dall’altro, chi crede che la difesa dei diritti equivalga alla conservazione delle esenzioni e dei privilegi, senza nessuna attenzione per il rispetto delle regole su cui ogni società democratica si regge.

Nel mezzo c’è il disagio e subito accanto al disagio c’è una sacca di economia autoreferenziale, fondata sulla sussistenza del disagio, abitata dai veri parassiti del sistema economico italiano.

Calcolando lo spazio occupato dalla malavita organizzata, dall’informazione, dalla controinformazione, dagli agenti dei servizi, dai venditori e dai compratori di servizi e dottrine riconducibili alla new age e partendo dalla volontà di non appartenere a nessuno dei gruppi succitati, sembrerebbero essersi esauriti lo spazio fisico e lo spazio metaforico.

Fonte: Opera propria (© Jared C. Benedict)
English: Transferred from en.wikipedia.org

La memoria dei rassegnati | due riflessioni del Vaneigem in questi giorni di supercazzole finanziarie

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La proliferazione dell’inutile e la rarefazione dell’essenziale non potevano trovare forma di espressione più adeguata della burocrazia finanziaria internazionale il cui assolutismo stabilisce con la società vivente un rapporto da extraterrestre. Come definire altrimenti questa genia, i cui ordini emanano più dagli imperativi di mercato che dagli individui?
Più l’incomprensione separa gli speculatori impegolati nel calcolo dei rendimenti e coloro i quali aspirano a vivere aldilà delle matematiche del profitto, tanto più la distanza è colmata da una informazione che risponde solo a se stessa, alla quale non può essere detto o contestato nulla poiché essa provvede a stivare l’insignificante nella memoria dei rassegnati.

da “Noi che desideriamo senza fine” di Raoul Vaneigem

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Pier Paolo Pasolini – “Il Caos” su «Tempo», 17 maggio 1969

Rilancio un post di un amico su Fb per contribuire alla comprensione generale di ciò che ognuno crede di comprendere e di comunicare. Non alla comprensione degli eventi, in questo caso la provocazione di Marco Bruno da Giaveno al Rappresentante delle Forze dell’Ordine. Comprensione della propria posizione in relazione agli eventi.

Che Pasolini, citato quasi sempre a sproposito, parli di Pasolini.

Pasolini, “Il Caos” su «Tempo», 17 maggio 1969

“[…] Proprio un anno fa ho scritto una poesia sugli studenti, che la massa degli studenti, innocentemente, ha “ricevuto” come si riceve un prodotto di massa: cioè alienandolo dalla sua natura, attraverso la più elementare semplificazione. Infatti quei miei versi, che avevo scritto per una rivista “per pochi”, “Nuovi Argomenti”, erano stati proditoriamente pubblicati da un rotocalco, “L’Espresso” (io avevo dato il mio consenso solo per qualche estratto): il titolo dato dal rotocalco non era il mio, ma era uno slogan inventato dal rotocalco stesso, slogan (“Vi odio, cari studenti”) che si è impresso nella testa vuota della massa consumatrice come se fosse cosa mia. Potrei analizzare a uno a uno quei versi nella loro oggettiva trasformazione da ciò che erano (per “Nuovi Argomenti”) a ciò che sono divenuti attraverso un medium di massa (“L’Espresso”). Mi limiterò a una nota per quel che riguarda il passo sui poliziotti. Nella mia poesia dicevo, in due versi, di simpatizzare per i poliziotti, figli di poveri, piuttosto che per i signorini della facoltà di architettura di Roma […]; nessuno dei consumatori si è accorto che questa non era che una boutade, una piccola furberia oratoria paradossale, per richiamare l’attenzione del lettore, e dirigerla su ciò che veniva dopo, in una dozzina di versi, dove i poliziotti erano visti come oggetti di un odio razziale a rovescia, in quanto il potere oltre che additare all’odio razziale i poveri – gli spossessati del mondo – ha la possibilità anche di fare di questi poveri deglì strumenti, creando verso di loro un’altra specie di odio razziale; le caserme dei poliziotti vi erano dunque viste come “ghetti” particolari, in cui Ia “qualità di vita” è ingiusta, più gravemente ingiusta ancora che nelle università”.

Sabato gli scontri di piazza e domenica la Repressione

Il sabato gli scontri di piazza e domenica la Repressione. Sembra il titolo di un film di Martin Scorsese ed è invece l’ennesima replica di uno spettacolo ormai vetusto, chiamato “Fenomenologia del Potere in una nazione chiamata Italia”.
Dopo un fine settimana passato ad ascoltare le dichiarazioni miopi di chi si esalta davanti allo scontro come davanti al videogioco, il lunedì mattina mi sveglio e sotto casa ho un manifesto 6X3 metri. C’è scritto: Vuoi difendere la tua libertà? Iscriviti al Partito X. Non è necessario menzionare il partito in questione. Non vorrei sembrare fazioso. Durante il tragitto per tornare dal lavoro, ascolto la radio e lo speaker annuncia la richiesta ufficiale da parte di un ministro, di poteri speciali per le forze dell’ordine, una nuova legge Reale, la sospensione delle normali procedure democratiche.
C’è chi crede di innalzare il livello di scontro, ma soprattutto c’è chi crede che le violenze televisive siano un innalzamento del livello di scontro. Un Onesto Rivoluzionario sa che non è sfondando i bancomat che si fa la Rivoluzione. Un Onesto Rivoluzionario sa che la Rivoluzione si fa svuotando le banche. Smettendo di portarci dentro il denaro guadagnato in giorni di duro (o meno duro, non è importante) lavoro. Nascondendo gli spiccioli. Smettendo di spendere. Facendo fallire definitivamente il Sistema.
L’innalzamento è solo nel livello di legittimazione dell’apparato repressivo. Si rischia solo di far aumentare la voglia dei partiti di sinistra (sinistra?) di fare da appoggio di fortuna, e più di quanto già non facciano, ai criminali, ai reazionari, ai plutocrati.